L’atto criminale che si è perpetrato attraverso Telegram ha coinvolto due funzionari del Bangladesh che sono stati fermati e condannati: avevano venduto i dati personali degli utenti ad una banda di cybercriminali
Telegram rappresenta oggi un’app di messaggistica tra le più sicure e apprezzate in assoluto. Ma come è capitato già anche ad altre app di messaggistica, anche questa app non è immune dalla presenza di chat e gruppi finalizzati allo scambio di materiale illegale. Non sono pochi i gruppi creati su Telegram con la finalità di vendere documenti falsi, dati rubati o per perpetrare altre attività criminali finalizzate ad appropriarsi dei dati sensibili degli utenti. Le strategie di phishing che vengono escogitate ogni giorno sono sempre più sottili e subdole e per questo motivo sono sempre più efficaci ai danni degli ignari utenti.
Anche questa piattaforma, come già accade su WhatsApp, è diventata uno dei principali strumenti nelle mani di cybercriminali che sfruttano la sua infrastruttura sicura, per poter operare in totale anonimato. Uno scandalo di cui si è appreso di recente, ha riguardato un gruppo dove venivano effettuate compravendite illecite. Una vicenda di cronaca che ha seminato il panico tra gli utenti di Telegram e che ha scosso l’opinione pubblica riproponendo la questione irrisolta della sicurezza dei dati personali e dell’integrità delle istituzioni incaricate di proteggerli.
I protagonisti di questo fatto gravissimo sono due alti funzionari della polizia antiterrorismo del Bangladesh come confermato da una lettera firmata dal generale di brigata Mohammad Baker, direttore del National Telecommunications Monitoring Center (NTMC), l’agenzia governativa responsabile della sorveglianza elettronica. I due funzionari infedeli avrebbero sfruttato Telegram per divulgare e vendere dati classificati, inclusi dettagli di identificazione nazionale e registri delle chiamate telefoniche. Questi dati sono stati venduti a gruppi di cybercriminali in cambio di denaro.
I due funzionari corrotti sono stati assicurati alla giustizia bengalese anche se permangono molte perplessità sul meccanismo che ha esposto i dati sensibili degli utenti in maniera così plateale sollevando l’ira e le preoccupazioni delle organizzazioni per i diritti umani e per la privacy. Human Rights Watch e Freedom House hanno criticato l’NTMC per l’assenza di meccanismi e regole atte a tutelare la privacy degli utenti. Fra l’altro già in passato l NTMC era stato coinvolto in episodi analoghi in cui la sicurezza dei dati dei cittadini era stata messa a repentaglio. La vendita di informazioni personali a scopo di lucro rappresenta ancora oggi una piaga molto diffusa che rischia di minare la credibilità delle istituzioni che ne vengono coinvolte con preoccupante puntualità.
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