Il New York Times ha riportato nei giorni scorsi che Facebook avrebbe stretto accordi con almeno 60 produttori di smartphone e tablet condividendo con loro informazioni su migliaia di utenti senza il loro consenso. Il social media piu’ popolato al mondo è intervenuto sulla questione negando le accuse in un post scritto da Ime Archibong, Vice Presidente delle Partnership di Prodotto di Facebook, nel blog della società, in cui spiega che il New York Times ha messo sotto accusa le API che Facebook ha lanciato 10 anni fa per aiutare produttori di sistemi operativi e dispositivi ad integrare l’esperienza di Facebook nei propri prodotti.
Da quando i dispositivi mobili hanno cominciato a prendere piede, la domanda di Facebook ha superato la capacità della società di creare versioni del prodotto in grado di funzionare su ogni telefono o sistema operativo. All’epoca, ricorda Archibong, non c’erano store di app da cui poter scaricare le app ufficiali e quindi aziende come Facebook, Google, Twitter e YouTube dovevano lavorare direttamente con i produttori di sistemi operativi e dispositivi per portare i loro prodotti nelle mani delle persone. Questo richiedeva molto tempo e Facebook non è stata in grado di raggiungere tutti i dispositivi. Per colmare questa lacuna, la società ha creato una serie di API da integrare nei device che hanno consentito alle aziende di ricreare esperienze simili a Facebook per i loro singoli dispositivi o sistemi operativi. Nell’ultimo decennio, circa 60 aziende hanno utilizzato queste API, compresi molti marchi noti come Amazon, Apple, Blackberry, HTC, Microsoft e Samsung. Tutte queste partnership sono state costruite su un interesse comune: "il desiderio per le persone di poter usare Facebook indipendentemente dal loro dispositivo o sistema operativo". Archibong ha assicurato che, dal momento che queste API hanno consentito ad altre società di ricreare l’esperienza di Facebook, sono state controllate attentamente sin dall’inizio.
"Questi partner hanno firmato accordi che impedivano l’utilizzo delle informazioni di Facebook di persone per scopi diversi da quelli di ricreare esperienze simili a Facebook" ha chiarito Archibong , secondo cui "I partner non sono in grado di integrare le funzionalità degli utenti di Facebook sui propri dispositivi senza il permesso degli utenti stessi. E i nostri team di collaborazione e ingegneri hanno approvato le esperienze di Facebook realizzate da queste aziende. Contrariamente alle affermazioni del New York Times, le informazioni degli amici, come le foto, erano accessibili solo su dispositivi quando le persone decidevano di condividere le proprie informazioni con quegli amici. Non siamo a conoscenza di eventuali abusi da parte di queste aziende".
Le API per dispositivi sono "qualcosa di molto diverso dalle API pubbliche utilizzate dagli sviluppatori di terze parti" come Aleksandr Kogan, il ricercatore Aleksandr Kogan che ha condiviso con la società di consulenza politica Cambridge Analytica le informazioni degli utenti di Facebook raccolte attraverso una app.
Adesso che i sistemi operativi iOS e Android sono così popolari si fa meno affidamento alle API di Facebook per creare esperienze su misura, motivo per cui la società ha annunciato nello scorso mese di Aprile che sta per terminare l’accesso a queste API e che già 22 delle partnership che erano state aperte sono state chiuse.
"Sebbene fossimo d’accordo con molte delle loro [del New York Times] passate preoccupazioni riguardo ai controlli sulle informazioni di Facebook condivise con gli sviluppatori di app di terze parti, non siamo d’accordo con i problemi che hanno sollevato riguardo a queste API" ha chiarito Archibong. "Come sempre, stiamo lavorando a stretto contatto con i nostri partner per fornire modi alternativi per le persone di utilizzare ancora Facebook".
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