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I social network cambiano la psicologia umana

I fondatori di Facebook erano a conoscenza del fatto che avrebbero creato qualcosa di coinvolgente al punto da cambiare la psicologia umana. E’ quanto sostiene Sean Parker, investitore tecnologico e cofondatore di Napster, che sembra aver espresso del dispiacere per il ruolo che ha avuto nel far conoscere e crescere l’uso dei social media nel mondo. In occasione di una sua partecipazione ad un evento Axios a Philadelphia il 9 novembre, Parker ha condiviso alcuni pensieri su come lui e altre menti dell’alta tecnologia hanno cambiato il mondo delle interazioni sociali da reali a digitali.

Secondo Sean Parker – la persona interpretata da Justin Timberlake nel film "The Social Network" che racconta la nascita di Facebook – Facebook è stato progettato per sfruttare il modo in cui le persone pensano e si comportano con "conseguenze non intenzionali" giunte alla luce ora che il social media Facebook è cresciuto fino ad essere usato da 2 miliardi di persone, o due su sette persone del pianeta, come riportato da Cnet.

"Quando Facebook stava crescendo avevo persone che venivano da me e mi dicevano ‘non sono sui social media’ e io rispondevo ‘Ok, lo sarai’ e a loro volta rispondevano ‘No, no, no, ci tengo alle mie interazioni di vita reale, valuto il momento, ci tengo al faccia a faccia e al valore dell’intimità’ e io rispondevo ‘arriverai [sui social] dopotutto’", ha detto Parker, come riportato da Engadget, aggiungendo che gli obiettivi iniziali per le aziende come Facebook, per la quale Parker ha servito come primo presidente, era quello di far spendere il maggior tempo possibile sui loro siti.

I social "modificano letteralmente il tuo rapporto con la società, con l’altro" ha detto Parker. "Probabilmente interferisce con la produttività in modo strano" ha aggiunto. Persone che sono già sui social sono incentivate a coinvolgere amici e famigliari, il tutto con il solo scopo di portare sempre piu’ persone sui social come "un loop di feedback... esattamente il tipo di cosa che farebbe hacker perché vai a sfruttare una vulnerabilità nella psicologia umana". Parker ha detto che lui stesso cosi’ come Mark Zuckerberg, co-fondatore di Facebook, e altri lo hanno capito: "E lo abbiamo fatto comunque". Il punto è che, coscienti di cio’ che stavano facendo, non sapevano esattamente quali conseguenze la ‘vulnerabilità’ trovata nelle persone avrebbe portato. 

Parker si è quindi chiesto se l’uso diffuso di siti di social network come Facebook puo’ aver alterato le interazioni sociali delle persone: "Dio sa solo che cosa stanno facendo [i social] ai cervelli dei nostri figli", ha detto l’investitore, come riportato in un’intervista pubblicata da Axios. 

Parker è stato anche un investitore in Spotify agli inizi e collaboratore dal 2009 fino a metà di quest’anno. Dopo aver fondato il sito di condivisione di file Napster è entrato a far parte del team di Facebook nel 2004, cinque mesi dopo che il sito era stato lanciato come piattaforma sociale per gli studenti dell’Università di Harvard. Parker ha visto il potenziale del sito ed è stato, secondo Zuckerberg, "fondamentale per aiutare Facebook a trasformarsi da un progetto universitario in una vera società", come riportato dal The Guardian, sito che riporta che nel 2005 la polizia ha trovato della cocaina in una casa che Parker stava affittando ed è stato per questo rilasciato per sospetto di possedere una sostanza stupefacente; anche se non è stato accusato formalmente, l’arresto non è passato inosservato agli investitori di Facebook e quindi si è dimesso dal ruolo in società poco piu’ tardi.

Come segnalato da Cnet, Parker non è l’unica persona che un tempo lavorava per Facebook ad aver sollevato preoccupazioni circa gli effetti psicologici e sociali della tecnologia. Justin Rosenstein – un programmatore e imprenditore americano e co-fondatore della software company Asana insieme al co-fondatore di Facebook Dustin Moskovitz ha detto al The Guardian il mese scorso che "è molto comune per gli esseri umani sviluppare le cose con le migliori intenzioni ma che poi hanno conseguenze non intenzionali e negative". L’ex dipendente di Google Tristan Harris al The Guardian ha dichiarato che "Tutti noi siamo dentro questo sistema, tutte le nostre menti possono essere ingannate; le nostre scelte non sono così libere come pensiamo."

Simone Ziggiotto

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