Il dirigente più anziano di Facebook in America Latina che era stato arrestato dopo che le autorità locali non hanno ricevuto le richieste informazioni private di alcuni utenti di un’app che l’azienda possiede, WhatsApp, è stato scarcerato. La liberazione è stata disposta dal giudice Ruy Pinheiro, dello stesso tribunale brasiliano. Nel provvedimento si dice che la detenzione è "illegale" dal momento che non c’è un processo o un’inchiesta a carico del dirigente, né prove che abbia agito per ostacolare gli inquirenti.
L’arresto. La polizia di San Paolo aveva arrestato Diego Dzodan, vice presidente di Facebook per l’America Latina, nella giornata di Martedì 1 marzo 2016 con un ordine da un giudice nello stato nord-orientale di Sergipe, in Brasile. Il dirigente era stato mandato presso il centro di detenzione provvisoria a San Paolo con l’accusa di aver ostacolato le indagini riguardanti un processo penale per traffico di droga caratterizzato dal segreto istruttorio. Il caso non coinvolgeva direttamente il social network o i suoi utenti, ma WhatsApp, che è di proprietà di Facebook da quando Mark Zuckerberg ha deciso di acquistare il popolare servizio di messaggistica istantanea nel 2014.
La decisione di arrestare Dzodan è stata presa dopo che il dirigente ha rifiutato di collaborare con la polizia, che ha chiesto delle informazioni su alcuni utenti di WhatsApp che presumibilmente usano l’app per gestire traffici illeciti. Sono circa metà delle 200 milioni di persone in Brasile ad usare WhatsApp.
Per Facebook un arresto "estremo e ingiustificato". Facebook ha detto in una dichiarazione scritta dopo l’arresto del suo dirigente che le due società operano in modo indipendente quindi la decisione di arrestare un dipendente di Facebook "è un passo estremo e ingiustificato" aggiungendo che "siamo amareggiati, siamo sempre stati disponibili e continueremo ad esserlo a collaborare con le autorità. Siamo dispiaciuti della scelta di scortare un dirigente Facebook presso una stazione di Polizia in relazione al caso che coinvolge WhatsApp, che opera separatamente da Facebook", ha commentato il portavoce.
Per Whatsapp un arresto senza fondamenta. WhatsApp ha detto nella sua dichiarazione di aver "cooperato tanto quanto abbiamo potuto vista l’architettura del nostro servizio, WhatsApp non memorizza i messaggi delle persone" e che la società "non è stata in grado di fornire informazioni che non abbiamo". WhatsApp ritiene che "la polizia ha arrestato qualcuno su dati che non esistono. (…) non possiamo commentare questa indagine specifica, se non per dire che abbiamo collaborato per quanto abbiamo potuto vista l’architettura del nostro servizio (…) abbiamo messo in atto un forte sistema di crittografia ‘end-to-end’, che significa che i messaggi delle persone vengono protetti dai criminali online. Nessuno, ne’ WhatsApp o chiunque altro può intercettare o compromettere i messaggi degli utenti".
La scarcerazione. Il giudice Ruy Pinheiro, del tribunale brasiliano di Sergipe, ha ordinato la scarcerazione del vicepresidente di Facebook per l’America Latina, Diego Dzodan, il giorno seguente l’arresto (quindi il 2 marzo 2016) a San Paolo su mandato di un altro magistrato di Sergipe. Nel suo provvedimento, Pinheiro afferma che la detenzione di Dzodan è "illegale" dal momento che non esiste un processo o inchiesta a carico del dirigente, né prove che abbia agito per ostacolare gli inquirenti.
In un altro caso, un ordine giudiziario nello scorso mese di dicembre ha costretto le società di telecomunicazioni del Brasile a bloccare WhatsApp per aver rifiutato di cooperare in un’indagine di polizia. Per circa 12 ore, metà della popolazione del Brasile non ha potuto usare Whatsapp per comunicare. Il CEO di Facebook Mark Zuckerberg si era detto "sbalordito" dalla "decisione estrema".
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