Il più grande social network del mondo ha un messaggio per l’Unione europea: mantenere la rotta o si rischia di danneggiare gli utenti.
In un lungo editoriale scritto dal vice presidente di Facebook per le politiche pubbliche di Facebook in Europa, Richard Allan, ha rilasciato una risposta agli organi regolatori europei che hanno avviato indagini per vigilare sulle pratiche di privacy della società. Allan sostiene che i molti paesi che stanno indagando sulle pratiche di Facebook stanno minando il diritto europeo e potrebbero in definitiva danneggiare sia gli utenti di Facebook che le aziende Internet più piccole che cercano di diventare il prossimo Facebook.
"Un cambio di normative porrebbe portare a seri ostacoli", ha scritto Allan. "I costi di Facebook aumenterebbero, e le persone in Europa vedrebbero l’aggiunta di nuove funzionalità più lentamente, o addirittura potrebbero non esserci. Le più grandi vittime sarebbero le piccole imprese europee. La prossima grande idea potrebbe non vedere mai la luce del giorno."
Alcuni paesi dell’UE sono in contrasto con Facebook – che ha 1,4 miliardi di utenti in tutto il mondo, tra cui l’83 per cento attivo al di fuori degli Stati Uniti e il Canada – su come i regolamenti dovrebbero essere trattati nella zona dell’Euro. All’inizio di questo mese, le autorità di regolamentazione della privacy in Francia, Spagna, Italia e altri paesi hanno iniziato ad indagare sul modo in cui Facebook raccoglie i dati degli utenti. Sono più interessati a come Facebook combina le proprie informazioni con quelle delle altre società di sua proprietà, come il servizio di condivisione foto Instagram, così come vengono rintracciate le persone dopo che hanno usato il pulsante "Mi piace" di Facebook.
Se le indagini proseguiranno e Facebook verrà dichiarata ‘colpevole’ di violare le leggi sulla privacy in questi paesi, la società potrebbe affrontare milioni di euro di multa ed essere costretta a modificare il modo in cui opera nei paesi interessati.
Facebook, che ha la sua sede europea in Irlanda, ha detto che i singoli paesi dell’UE non hanno il diritto di indagare su qualsiasi sua attività nel rispetto del diritto comunitario. Facebook ha detto all’inizio di questo mese che le aziende possono essere monitorate solo dalle autorità di regolamentazione del paese dove si trova la propria sede. Non appena le autorità di regolamentazione all’interno del paese dove ha sede una società consentono ad una ditta di operare e stabilire che è in conformità con il diritto comunitario, l’impresa può offrire il suo prodotto o servizio in qualsiasi altra parte dell’UE.
"Inizialmente, quando le autorità di altri paesi avevano preoccupazioni circa i nostri servizi hanno lavorato con il regolatore irlandese per risolverli", Allan ha scritto nell’editoriale. "Questo è il modo in cui si dovrebbe lavorare: se un’impresa è conforme alle normative messe in atto nel suo paese d’origine, può operare in tutta l’UE."
Facebook F8
Allan, per conto di Facebook, sostiene che se la regola che i singoli paesi sono autorizzati a stabilire dei propri standard di regolamentazione viene meno, la zona Euro avrebbe "leggi comuni spodestate". Le aziende, dal canto suo, "dovranno assumersi l’onere di rispettare le leggi dei paesi differenti" e, in caso di contestazioni, dice Allan, "è il consumatore medio che ci rimette". "Regole comuni hanno dato ai lavoratori prosperità nell’Europa e la possibilità di scelta ai consumatori", ha proseguito.
Nel mese di febbraio, il Belgio ha chiesto l’aiuto di due organizzazioni che fanno parte del centro di ricerca digitale iMinds del governo di indagare sugli aggiornamenti dei termini di utilizzo del social network. Il report risultante ha indicato che "Facebook sta agendo in violazione del diritto europeo", una posizione che Facebook ha negato, citando in sua difesa un’interpretazione di una normativa irlandese.
"Siamo fiduciosi che gli aggiornamenti sono conformi alle leggi in vigore," ha detto un portavoce della società. "Come società con sede internazionale a Dublino, prendiamo quotidianamente in rassegna gli aggiornamenti dei prodotti e delle politiche, con il nostro regolatore, il commissario per la protezione dei dati irlandese, che sovrintende la nostra conformità con la direttiva sulla protezione dei dati dell’UE come recepita nel diritto irlandese."
E’ improbabile che le differenze di opinione saranno risolte presto, se non del tutto. Tuttavia, Allan sostiene che, invece di sfavorire Facebook pubblicamente e sminuire il suo funzionamento, le autorità di regolamentazione in tutta l’UE dovrebbero "lavorare insieme" per trovare accordi comuni. "Questo è sicuramente un approccio migliore rispetto al frammentare il mercato unico europeo, e sprecare risorse per avviare indagini indipendenti in questioni che sono già state accuratamente esaminate", ha scritto Allan.
Cercare di far cambiare opinione in Europa non è necessariamente facile per le aziende tecnologiche. Google ha imparato la lezione all’inizio di questo mese dopo che il commissario che vigila sulla concorrenza nell’UE, Margrethe Vestager, ha accusato Google di abuso di posizione dominante per limitare la libera concorrenza in Europa.