Ecco cosa prevede l’articolo 612 del codice penale che disciplina il reato di minacce e quali sono le condanne previste
Nonostante da pochi anni sia stato depenalizzato il reato di ingiuria, la minaccia di cagionare un danno ingiusto ad un’altra persona continua ad essere un reato punito con una multa fino a 1.032 euro nei casi di minaccia lieve, mentre è passibile di una condanna alla reclusione fino ad un anno colui che si rende autore di una minaccia grave.
La minaccia secondo il diritto penale
Per minaccia si intende quel comportamento intimidatorio rivolto ad una persona, tale da comportare un turbamento psichico. Questa fattispecie è disciplinata dall’articolo 612 del codice penale che dispone testualmente che “chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 1.032.
Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno”. Sono due i requisiti che integrano la fattispecie di minaccia punibile penalmente e cioè il requisito oggettivo (la minaccia di un danno ingiusto) e quello soggettivo (il dolo generico).
Solo quelle minacce che secondo le valutazioni del giudice sono idonee a incutere un turbamento psichico nella persona offesa, sono condannabili penalmente. Una sentenza della Corte di Cassazione del 2017 ha stabilito, ad esempio, che è “la limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall’autore alla vittima” l’elemento preponderante che rende una minaccia punibile penalmente.
Un’altra sentenza della Cassazione del 2023 ha chiarito che il delitto di minaccia è aggravato qualora venga manifestato con l’uso di immagini, segni, oggetti o azioni atte a evocare ciò che si è inteso minacciare, ma anche un “surplus” intimidatorio derivante proprio dalla modalità simbolica utilizzata. Per stabilire, dunque, se la condotta possa integrare il reato di minaccia punibile penalmente, occorre valutare caso per caso, con particolare riferimento all’entità del turbamento psichico provocato, sia guardando ai soggetti coinvolti.
Una semplice minaccia proveniente da una persona in un momento di rabbia viene generalmente considerata non grave e quindi punibile solo con una multa, mentre se la stessa proviene da un soggetto che appartiene ad un’organizzazione criminale, viene ritenuta grave e quindi punibile con la reclusione.
I casi da valutare in base al contesto
Esprimere il classico ammonimento “Vi sistemo io, ve la farò pagare”, ad esempio, se rivolta ad un familiare o ad un conoscente, non viene considerata minaccia grave. Se invece viene pronunciata da parte di un esponente di una organizzazione criminale, viene ritenuta essere di maggiore gravità.
Una minaccia proferita da parte di una persona precedentemente provocata va sempre valutata in base al contesto litigioso e al livello della provocazione della persona offesa. La Cassazione ha spiegato chiaramente che “la minaccia va valutata con criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto, sicché non è necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo sufficiente che la condotta dell’agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale della vittima”.