Nel luglio 2014 Whitney Wolfe ha intentato una causa di molestie e discriminazione sessuale contro Tinder, una applicazione per organizzare incontri usata da 50 milioni di persone in tutto il mondo. Wolfe, vice-presidente del marketing di Tinder, ha sostenuto che i dirigenti avevano tentato di toglierle il ruolo di co-fondatrice perché ritenevano che avere una giovane donna in una posizione tale li avrebbe fatti ‘sembrare uno scherzo’. Rapidamente, Wolfe divenne una delle figure più discusse nella Silicon Valley, e sono seguiti una valanga di reclami contro la discriminazione del sesso per i ruoli di alto profilo nelle aziende della tecnologia.
‘E’ stato orribile, non vorrei che altri passino lo stesso. Non è mai stata una questione di soldi; era in ballo il mio duro lavoro. Mi era stato cancellato dalla storia della società.’ ha dichiarato Wolfe intervistata dal Telegraph.
Wolfe non si è però arresa, ed ora è pronta per pubblicizzare Bumble, una nuova applicazione di dating nata dalla omonima startup fondata nel novembre dello scorso anno. Bumble è la prima applicazione di incontri in cui sono le donne a fare il ‘primo passo’.
Wolfe ha creato Bumble assieme con Andrey Andreev, un investitore russo e il co-fondatore di Badoo, un sito di social networking che ha 250 milioni di utenti. Wolfe è stata motivata, dice, dal desiderio di offrire un antidoto per il mercato della ‘misoginia’.
Per alcuni, potrebbe sembrare che Wolfe sta cercando una vendetta contro i dirigenti di Tinder che la hanno buttata fuori dalla società che lei stessa ha contribuito a creare. Tuttavia, Wolfe dice che ‘la questione non è competere contro un’app esistente; abbiamo solo cercato di risolvere un problema del mondo reale’.
Bumble è infatti nata con lo scopo di aiutare prima le donne, che possono creare rapporti più sicuri avendo il controllo della conversazione con l’uomo, al fine di sentirsi più sicura.
Intenzionali o meno, le somiglianze di Bumble alla sua app rivale Tinder sono inevitabili. Gli iscritti cercano il partner scorrendo una serie di fotografie proposte in base alla geolocalizzazione e solo in caso di gradimento reciproco possono avviare una conversazione in chat. La differenza, in Bumble, è che a cliccare l’immagine e condividere il primo ‘ciao’ devono essere prima le donne, e l’uomo può solo accettare. La donna ha 24 ore per inviare all’uomo un messaggio; se non lo fa, la conversazione scompare. L’uomo ha la possibilità di estendere una conversazione di un altro giorno con un extra di 24 ore, nella speranza che la donna risponderà a sua volta.
‘Sono una forte ragazza indipendente’, dice Wolfe. ‘Ma quando si trattava di incontri, ero in quel momento della vita in cui mi sentivo di non avere il permesso di andare oltre quello che volevo. Posso fare qualsiasi lavoro scelgo, mangio quello che voglio, andare in palestra quando voglio, ma se ero fuori con i miei amici in un bar e ho visto un ragazzo carino non potevo andare oltre e dire ciao. Le donne non devono stare ferme e sedute e rimanere in attesa. E’ così fuori moda. Io, per esempio, non voglio sedermi e aspettare’.
Whitney Wolfe è nata a Salt Lake City, nello Utah, nel 1990. Suo padre, Michael, ha una società immobiliare a Salt Lake City e sua madre, Kelly, è una casalinga che è rimasta a casa per prendersi cura di Whitney e la sorella minore, Danielle. A 19 anni, appena uscita dal liceo, Wolfe ha intrapreso il suo primo business, progettare e vendere borse fatte di bambù per raccogliere fondi in seguito alla catastrofica fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico – la più grande fuoriuscita accidentale di petrolio nella storia dell’industria petrolifera. Le borse hanno attirato l’attenzione delle attrici di Hollywood Denise Richards e Kate Bosworth, che le hanno promosse sulle loro pagine di social networking, e il ricavato è andato alla Ocean Futures Society. Non molto tempo prima, Wolfe aveva fatto richiesta di studiare marketing presso la Southern Methodist University di Dallas, ma è stata respinta.
Bumble