Da anni si parla di obsolescenza programmata, che sarebbe l’intenzione dei produttori di dispositivi elettronici di stabilire un ‘fine vita’ dei loro device già in fase di produzione o tramite il rilascio di aggiornamento software per incentivare l’acquisto del nuovo. Un fenomeno che, pare, stia scemando grazie anche ai casi che hanno coinvolto Apple e Samsung in passato.
Spesso le persone si lamentano del fatto che un proprio dispositivo tecnologico – lavatrice, fax, televisore, smartphone o di altro tipo – smette di funzionare guarda caso poco dopo lo scadere della garanzia fornita dal produttore, solitamente di 2 anni. Questo porta le persone a dover buttare via il dispositivo perché magari il costo della riparazione fuori garanzia è talmente alto che vale la pena acquistarne uno nuovo. Un circolo vizioso del consumismo che si potrebbe riassumere in due parole: ‘obsolescenza programmata‘. Si tratta della pratica vietata, ma esistente, per cui i produttori pianificano un periodo di ‘fine vita’, stabilendo che la durata non deve andare oltre un certo periodo di tempo, solitamente poco dopo la fine del periodo di garanzia. Nel caso di dispositivi connessi che ricevono aggiornamenti software, come gli smartphone, la pratica pare che sia ancora più diffusa.
Di obsolescenza programmata (o ‘obsolescenza pianificata’) abbiamo avuto modo di parlare in più occasioni nell’ultimo decennio. Nel 2018, ricordiamo, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato italiana (Agcm) ha avviato indagini separate ma basate sulla stessa accusa nei confronti delle società Apple e Samsung circa il sospetto di condurre la pratica commerciale ‘scorretta’ di produrre smartphone con un destino già segnato: indurre i consumatori ad acquistare nuovi telefoni dopo un certo periodo di tempo. Non solo perché un dispositivo potrebbe smettere di funzionare per la rottura di un componente interno ma anche per il rilascio di aggiornamenti software volti a peggiorare le performance del dispositivo al fine di invogliare i consumatori ad acquistare un modello più recente. Nonostante le smentite, entrambe le aziende sono anche state sanzionate.
Più di recente, nel 2021 Altroconsumo ha avviato una azione collettiva (class action) contro Apple dopo che il TAR Lazio ha nel 2020 confermato che la società di Cupertino ha distribuito aggiornamenti software di iOS 10.x per la iPhone 6 Series senza informare i consumatori che l’aggiornamento avrebbe potuto ridurre le prestazioni dei telefoni. In sua difesa, Apple ha anche avviato una campagna di sostituzione della batteria a prezzo ridotto. Una class action simile è stata avviata anche negli Stati Uniti.
Attenzione che l’obsolescenza programmata è qualcosa che esiste ma non è applicata da tutti i produttori di dispositivi elettronici e per tutti i dispositivi. Per riportare l’esperienza di chi scrive, da anni in famiglia facciamo affidamento a smartphone Samsung riuscendo ad utilizzare lo stesso smartphone per più di 4/5 anni – uno è ancora in funzione dopo otto anni mentre un altro si è rotto dopo quattro anni circa. Dipende anche da come si utilizza lo smartphone: uno smartphone tenuto con cura potrebbe durare anni, mentre se cade spesso o si installano applicazioni sbagliate rispettivamente l’hardware e il software potrebbero risentirne in maniera negativa. Unica cosa certa dopo due anni è che la batteria può iniziare a degradare, per i motivi che abbiamo già avuto modo di elencare. Conseguenza di questo è però solo il dover caricare lo smartphone con maggiore frequenza.
Visionando un video realizzato da Geopop, e che vi proponiamo qui sotto, è sorto un altro tipo di obsolescenza che molte persone potrebbero sottovalutare: l'”obsolescenza percepita“. Si può dire che è il frutto del marketing, tanta pubblicità che porta le persone a pensare che lo smartphone che possiedono (o altro dispositivo tecnologico) è “vecchio” semplicemente perché un nuovo modello è arrivato sul mercato. Negli ultimi anni abbiamo assistito al lancio di nuove serie di smartphone con cadenza annuale riportando che, sulla carta, le specifiche tecniche erano simili alla generazione precedente senza sostanziali novità.
Eppure c’è chi non si accontenta di avere l’iPhone 14 e pre-ordina il nuovo iPhone 15 non appena possibile. Quante volte ci si sente emozionati nell’attendere di avere qualcosa e poi quando la si tiene tra le mani l’euforia iniziale della novità svanisce in poco tempo? Detto questo è logico chiedersi perché sostituire uno smartphone quando funziona ancora… Si pensi anche all’ambiente, dal momento che buttare via uno smartphone funzionante aumenta solo l’accumularsi di rifiuti elettronici. Perché non accantonare la frenesia di avere tra le mani sempre l’ultimo modello di telefono solo per fare bella figura davanti agli altri e, invece, acquistare un nuovo telefono solo quando effettivamente se ne ha bisogno perché quello che si ha non fa più bene le cose per le quali serve? Così si risparmiano anche dei soldini per acquistare cose di cui, forse, si ha più bisogno.
Vi lasciamo al video qui sotto pubblicato da Geopop in cui il divulgatore scientifico Stefano Gandelli e il chimico e divulgatore scientifico DeNa parlano proprio di obsolescenza percepita e programmata, oltre che dell’accumulo dei rifiuti elettronici.
Negli ultimi anni, sempre più produttori di smartphone si stanno impegnando nel garantire un ciclo di vita più lungo dei loro dispositivi. Per esempio, Samsung ha promesso 7 generazioni di aggiornamenti del sistema operativo e 7 anni di aggiornamenti di sicurezza per i modelli della sua nuova serie Galaxy S24. Lo stesso produttore sudcoreano così come Apple, inoltre, hanno lanciato i rispettivi programmi di riparazione fai-da-te con accesso a parti originali, strumenti e guide di riparazione ufficiali. E poi ci sono produttori come Fairphone che realizzano smartphone con design riparabile, ossia con struttura e componenti facilmente sostituibili. Ha abbracciato il design riparabile anche il recente Nokia G22.
Come segnalato proprio da Geopop, nel 2021 in Francia è diventata obbligatoria l’etichetta ‘Indice di riparabilità‘ sui prodotti di diverse tipologie (smartphone, laptop, lavatrici, televisori, tosaerba, aspirapolvere e altri). Questa deve essere visibile ai consumatori al momento dell’acquisto del prodotto per renderli consapevoli di quanto il prodotto di loro interesse risulti più o meno facile da riparare. Questo indice di riparabilità viene assegnato sulla base di criteri specifici, tra cui la disponibilità di materiale informativo, smontabilità e accesso a strumenti di riparazione, disponibilità e prezzi di pezzi di ricambio. E’ possibile scoprire l’indice di riparabilità degli smartphone partendo da questo indirizzo: www.indicereparabilite.fr/appareils/multimedia/smartphone/. Ricordiamo che anche iFixit, la comunità globale di persone che condividono online guide su come smontare e riparare dispositivi elettronici, smartphone compresi offre un proprio ‘indice di riparabilità’. Proprio sulle guide di iFixit si basa il programma di riparazione fai-da-te di Samsung.
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