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Whatsapp e altre App di chat devono pagare gli operatori telefonici per Agcom

I servizi di messaggistica come Whatsapp e Messenger hanno rivoluzionato il mondo della telefonia mobile, con sempre meno consumatori che mandano i tradizionali SMS. Queste applicazioni altro non fanno che consentire lo scambio di messaggi ‘gratis’ attraverso internet, quindi attraverso un servizio offerto dagli operatori di telefonia – ‘gratis’ tra virgolette perchè comunque serve un’offerta con internet incluso. Inoltre, alcuni servizi come Whatsapp, funzionano solo se associati ai numeri di telefono dei clienti. Si potrebbe dire che Whatsapp e le altre app per comunicare non esisterebbero se non ci fossero le reti mobili e fisse degli operatori telefonici. Tuttavia, per il fatto che le società di telecomunicazioni assegnano ai loro clienti numeri di telefono acquistati dallo Stato, l’Agcom (Autorita’ per le Garanzie nelle Comunicazioni) ritiene che le comunicazioni attraverso questi servizi non debbano piu’ ‘transitare’ gratuitamente attraverso le reti degli operatori.

Prendiamo come esempio l’autostrada: le auto sono i messaggi delle chat, la strada sono le reti degli operatori, e l’entrata e l’uscita sono il mittente e il destinatario di una chat (concetto molto semplificato)… chi paga il pedaggio? Attualmente nessuno.

Gli operatori migliorano e potenziano le loro reti e per questo sostengono dei costi per offrire servizi migliori, che un tempo potevano riflettersi in chiamate con meno disturbi o evitare il rischio di blackout nell’ultimo giorno dell’anno perchè tutti inviavano SMS di auguri nello stesso momento, mentre oggi i benefici sono la maggiorparte per i servizi di messaggistica (messaggi con media piu’ veloci a trasferirsi, per esempio), che non hanno a che fare con gli operatori direttamente.

E’ giusto quindi far pagare, come vorrebbe l’Agcom, a Whatsapp, Telegram, Facebook e altre società un costo per l’uso delle reti?

Nell’indagine sui “Servizi di comunicazione elettronica” dell’Agcom viene spiegato che le applicazioni di messaggistica dovrebbero pagare per l’uso di beni altrui. Per il passaggio sulla rete, ad esempio, il Garante vorrebbe che le società dietro queste app trattino con le società di telecomunicazioni. Un costo che dovrebbe però essere proporzionato ed equo.

Il Garante ricorda, inoltre, che agli occhi degli utenti queste app sono ‘gratuite’ ma in realtà hanno adottato un modello di business che si basa anche sulla profilazione dei loro utenti: in pratica, le società dietro queste app tracciano le azioni degli utenti, ricavandone dei profili che vengono venduti ad altre aziende. Le app dovrebbero pertanto rispettare la legge italiana sulla privacy, cosa che oggi non fanno completamente, e anche per questo sarebbe opportuno che ciascuna app avesse un proprio call center (in lingua italiana) a cui il consumatore puo’ fare riferimento in caso di bisogno.

Una considerazione che si puo’ fare è che i servizi di messaggistica si’ funzionano attraverso internet, ma se l’utente non ha un’offerta con internet incluso (mobile o fissa per il wifi) non ha la possibilità di utilizzarli, quindi l’operatore dalla sua parte ha il fatto che queste app incentivano le attivazioni di promozioni con internet, o di opzioni per avere piu’ Giga quando vengono esauriti prima del successivo rinnovo.

Cosa ne pensate del far pagare Whatsapp, Telegram, Messenger e agli altri servizi di messaggistica un costo agli operatori telefonici? Temete che questo scenario possa portare le singole app a chiedere un abbonamento agli utenti per sostenere i costi? Scriveteci nel box dei commenti qui sotto la vostra opinione.

Simone Ziggiotto

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