Hai acquistato uno smartphone Pixel e potresti aver bisogno di assistenza. Ma la policy di Google potrebbe lasciarti a piedi.
I produttori di device si trovano sempre di più a dover accettare l’idea che gli utenti non abbiano sempre intenzione di acquistare uno smartphone nuovo o un altro tablet anziché chiedere una riparazione. Ed è per questo che tutti stanno implementando delle policy per gestire queste attività. Google si è di recente trovata al centro di una polemica molto accesa riguardo le sue policy.
Nella policy presente fin dalla metà di luglio dell’anno scorso era infatti scritto a chiare lettere il modo in cui la società della grande G tratta gli smartphone Pixel che non hanno pezzi originali al loro interno. Dopo essere stata pubblicamente chiamata a dare spiegazioni, la società ha annunciato di voler cambiare la clausola.
Quando si decide di portare a riparare il proprio device ci sono due situazioni: se lo smartphone è in garanzia si contatta l’assistenza e si ricevono istruzioni. Se lo smartphone non è in garanzia si può tentare comunque con l’assistenza ufficiale oppure si può decidere per i servizi di riparazione di terze parti.
Nel momento in cui ci si affida ai servizi di riparazione, è chiaro che si potrebbe ricevere un servizio che non contempla pezzi originali. Non tutti i centri assistenza sono infatti in grado di avere i pezzi necessari per tutti i dispositivi. Per salvaguardare l’integrità dei suoi device, Google aveva per questo inserito una clausola all’interno dei termini di servizio degli smartphone Pixel.
Una clausola semplice ed elementare in cui si chiariva che se un device conteneva pezzi non originali questo device veniva trattenuto dalla società e non restituito. Adesso il testo è stato modificato. Le righe sono aumentate e risultano decisamente meno tranchant.
La nuova struttura del paragrafo risulta quantomeno più chiara. Si legge infatti che se viene inviato in assistenza un device che contiene parti non autorizzate da Google in alcune situazioni il fornitore del servizio potrebbe non essere in grado di riparare il device. A questa, che in realtà è una ovvietà, si aggiunge ora che il fornitore del servizio restituisce il device “a eccezione del momento in cui requisiti di salute e sicurezza lo impediscano” e viene altresì chiarito che se il device non può essere restituito Google attiverà un’assistenza per il prossimo passo.
Di certo ci sono molte più parole rispetto alla versione precedente, in cui semplicemente Google dichiarava di non riparare e tenere i device con pezzi non originali. E la questione dei pezzi non originali è interessante. Perché, e lo dicono i commenti soprattutto sui social, è difficile trovare pezzi di ricambio originali. E allo stesso tempo difficile è trovare tecnici delle riparazioni che utilizzino materiale di qualità per ricomporre il device. La libertà e il diritto alla riparazione è ancora piuttosto difficile da far valere insomma.
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