Un’ondata di panico ha colto molti utenti: di recente Bing, ChatGPT, Copilot e DuckDuckGo hanno fatto sciopero. Cosa è successo?
Un problema che in teoria sarebbe dovuto essere circoscritto a Microsoft si è trasformato in un effetto valanga su moltissimi utenti in Europa e in Asia di servizi come DuckDuckGo, ChatGPT, Copilot. La situazione ora sembra tornata alla normalità ma possiamo comunque riflettere su quello che abbiamo sperimentato e su che cosa può significare una situazione simile nel futuro.
Se Bing va giù cadiamo tutti?
La situazione che si è venuta a creare circa tra le tre del mattino e le quattro del pomeriggio dello scorso 23 maggio è stata una situazione che ha colpito a macchia di leopardo molti utenti. Utenti che per esempio ci sono trovati con Bing che restituiva un errore nel tentativo di ricerca. Altri utenti hanno pubblicato uno screenshot con la pagina di ricerca di Bing accanto a Copilot ed entrambi mostravano di non riuscire a lavorare.
Il problema riscontrato con Bing da Microsoft si è però poi ampliato anche alla ricerca attraverso ChatGPT e a quelli che utilizzano DuckDuckGo. Questo perché entrambi i servizi di ricerca utilizzano la stessa Bing API. Se la fonte delle informazioni va giù è chiaro che anche tutti i servizi che a quella fonte si appoggiano non funzionano più. E a quanto pare, secondo i report che hanno affollato il social che appartiene ad Elon Musk, il problema non si è limitato all’Asia e all’Europa. Alcuni utenti hanno per esempio parlato di problemi equivalenti in Brasile.
La dimostrazione che ci serve varietà
Se ti sei trovato anche tu a non poter utilizzare Bing, Copilot, ChatGPT o DuckDuckGo per fare una ricerca online sei rimasto nei fatti per un tempo variabile tagliato fuori dalla rete. E sappiamo adesso quanti servizi viaggiano attraverso internet. Non soltanto i passatempo come i social o i videogiochi. Anche molti siti istituzionali, piattaforme con cui è possibile prendere appuntamento con medici specializzati, altre realtà importanti per la vita umana diventano inaccessibili.
Accanto quindi al resoconto di ciò che è successo è bene anche, come fanno altri, ricordarci di avere sempre a disposizione un piano B o anche un piano C. E questo piano B e questo piano C passano attraverso la conoscenza di quelli che possono essere motori di ricerca diversi. Quali potrebbero essere quindi le alternative a tutti i servizi che sfruttano Bing API? Una prima risposta potrebbero essere tutti i servizi che si appoggiano a Google anziché a Microsoft oppure quei browser che hanno una propria API. Tra questi Brave.
E vale la pena sottolineare anche il modo divertente con cui l’account social su X di Brave abbia raccontato quello che stava succedendo per farsi anche un po’ di sana pubblicità sulle spalle dei competitor. Un comportamento più che lecito e che, di nuovo, ci ricorda che è sempre bene sapere come funziona la rete per poter scegliere o avere a disposizione scelte.