In futuro le donne non partoriranno più: tale compito, infatti, potrebbe essere svolto dalle macchine: il futuro che si prospetta per la riproduzione.
Saranno le macchine, in futuro, a partorire bambini al posto delle donne? Tale domanda è molto calzante ai giorni nostri, visto che si parla, sempre più spesso, di ectogenesi, ossia di sviluppare un feto al di fuori del corpo materno. Ciò non è fantascienza, bensì la funzione che è alla base del funzionamento del biobag, dispositivo sviluppato, nel 2017, da un gruppo di ricercatori di Philadelphia. Scopriamo insieme di cosa si tratta e quali risvolti avrà sul piano etico e morale per quel che concerne il processo di gestazione e riproduzione.
La riproduzione dell’essere umano sarà affidata alle macchine? Non è una domanda dalla risposta semplice, considerato tutti i cambiamenti tecnologici e in campo medico che si sono verificati negli ultimi anni.
Tra questi, possiamo citare la biobag, pensata – in un primo momento – per incrementare le probabilità di sopravvivenza dei neonati prematuri.
Anche se l’ectogenesi è un campo ancora da esplorare e strutturare al meglio, le tecniche di cui possiamo avvalerci oggigiorno permettono già la crescita di embrioni.
Tale tecnologia, dunque, potrebbe permettere agli esseri umani di procreare, senza avvalersi delle funzioni dell’utero femminile. Ciò, di conseguenza, porterebbe a riconsiderare il ruolo della stessa gravidanza all’interno della società: un processo naturale che – se bypassato – ridefinirebbe una serie di aspetti, anche sul piano economico e su quello professionale.
L’ectogenesi ci mette di fronte, dunque, a questioni molto importanti ed etiche, che riguardano, ad esempio, la crescita demografica, ma anche riflessioni di stampo sociale.
La visione che si profila, dunque, è quella di liberare le donne dai vincoli della gestazione: tale passaggio, come si può facilmente intuire, è legato a diversi aspetti della nostra vita quotidiana, che oscillano, dunque, dall’identità di genere, alla struttura familiare, fino, poi, ad arrivare alle disuguaglianze sociali.
Vari filosofi e pensatori – d’altronde – hanno trattato tali temi, proponendo l’ectogenesi come ipotetico strumento di emancipazione, ma anche come un campo nel quale si vengono a creare nuovi problemi e altrettante criticità.
Una lettura femminista dell’ectogenesi non può ignorare il rapporto estremamente complesso che intercorre tra genere, tecnologia e potere. I passi avanti compiuti nel campo della riproduzione hanno, spesso, riflettuto e – in alcuni casi – rafforzato le dinamiche di potere esistenti, piuttosto che ribaltarle.
La visione di un futuro in cui la gravidanza e la nascita sono completamente sostenute dalla tecnologia solleva interrogativi importanti sull’umanità, sulla natura e sui legami affettivi che definiscono la nostra esistenza.
In questo contesto, le riflessioni di pensatori come Shulamith Firestone sono estremamente pertinenti. L’entusiasmo per le potenzialità liberatorie della tecnologia non deve farci dimenticare i rischi legati al controllo e all’uso di queste tecnologie.
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