Ecco quando una ingiuria su WhatsApp può essere passibile di querela: cosa prevede l’attuale normativa
Offendere una persona in una chat di gruppo non sempre integra gli estremi per una condanna penale. I messaggi denigratori sono rilevanti dal punto di vista penale solo se proferiti quando il destinatario non è presente in chat nel momento in cui vengono pubblicati.
Questa è proprio la discriminante che separa il reato di ingiuria da quello di diffamazione. Soltanto nel caso di diffamazione l’autore del gesto può essere passibile di denuncia. A chiarire la questione controversa è stata una sentenza pronunciata dalla Cassazione chiamata a decidere su un caso in cui una persona era stata insultata via chat sulla nota app di messaggistIica, WhatsApp.
Cosa prevede l’attuale normativa
L’ingiuria è l’offesa che la vittima riceve direttamente in propria presenza. La presenza può essere fisica o virtuale, come nel caso delle chat di gruppo. Va precisato che l’ingiuria non è più considerata un reato dal 2016, ma rappresenta solo un illecito civile punibile con una ammenda. Quindi ogni azione civile per tutelare la propria onorabilità, può avere solo un intento risarcitorio.
Nel caso in cui l’ingiuria fosse accertata in giudizio, il giudice condannerà la parte a rifondere i danni morali alla vittima, comminando una sanzione. Rientra nel caso di diffamazione il comportamento di colui che offende la vittima in propria assenza dinnanzi a due o più persone.
Anche la diffamazione può avvenire attraverso gli attuali stumenti telematici, fra le quali anche le chat online. Colui che diffonde messaggi denigratori attraverso una chat alla quale non partecipa la parte offesa, può essere passibile di condanna penale. In questo caso la vittima potrà sempre querelare l’autore del gesto diffamatorio recandosi presso il comando dei Carabinieri o alla Polizia, oppure presentando denuncia direttamente alla Procura della Repubblica.
Dopo aver ricevuto la querela, spetterà al giudice valutare il contenuto dell’insulto, verificando se la fattispecie rientra nel libero esercizio del diritto di critica o se travalica quei limiti trascendendo in attacchi ingiustificati e gratuiti alla moralità o alla professionalità della vittima. In questo senso è rilevante il tenore letterale del messaggio che va valutato caso per caso.
Cosa si intende per offesa
Per offese non si intendono solo le classiche parolacce, ma anche ogni semplice affermazione protesa a mettere in dubbio l’altrui moralità. Non sempre è facile stabilire quando ci si trova di fronte all’esercizio del diritto di critica e quando invece l’autore del gesto è andato oltre, anche perchè il confine è molto sottile. Se l’offesa su WhatsApp viene dunque pronunciata in assenza della vittima, l’autore del gesto rischia seriamente una condanna penale.