Google sta promuovendo un suo nuovo progetto alimentato dall’intelligenza artificiale: si chiama PoemPortraits ed è una applicazione web defnita come "un’opera collettiva online che sperimenta ai confini dell’intelligenza artificiale e della collaborazione umana: una combinazione di poesia, design e apprendimento automatico" da Es Devlin, Artista e Designer, in un post sul blog di Google. Potrebbe essere l’inizio della possibilità di utilizzare stili per le foto, in stile Instagram e Snapchat, direttamente tramite il browser web.
Belle parole, ma cosa fa nel concreto questa app? PoemPortraits crea dei ‘ritratti poetici‘ e funziona cosi’: si accede al portale web g.co/poemportraits dove viene chiesto di ‘donare’ una parola, qualsiasi, ne scriviamo una e proseguiamo, quindi l’intelligenza artificiale si occuperà di creare una poesia partendo da questa; a questo punto vi viene chiesto di caricare una propria foto, meglio se un proprio ritratto, per avere come risultato una poesia scritta sul proprio volto.
Ogni volta che si avvia la web app si viene invitati a ‘donare’ una sola parola che viene immediatamente incorporata in un originale poema a due righe generato da un algoritmo addestrato su oltre 20 milioni di parole della poesia del XIX secolo. Il poema si sovrappone al viso del selfie caricato, creando un PoemPortrait unico che diventerà parte di un poema collettivo in continua evoluzione.
Per creare la tecnologia alla base di PoemPortraits, Devlin ha collaborato con Google Arts & Culture Lab e con il tecnologo creativo Ross Goodwin. Il progetto è nato da una conversazione con Hans Ulrich Obrist alla Serpentine Gallery di Londra nel 2017. Ross ha addestrato un algoritmo per imparare a scrivere poesie leggendo oltre 25 milioni di parole scritte da poeti del XIX secolo. La tecnologia funziona un po’ come il testo predittivo: non copia o rielabora frasi esistenti, ma usa il suo materiale di formazione per costruire un modello statistico complesso. Di conseguenza, l’algoritmo genera frasi originali che emulano lo stile di ciò su cui è stato addestrato.
Le poesie risultanti possono essere sorprendentemente commoventi e altre volte prive di senso. "E’ il modo profondamente umano in cui cerchiamo e troviamo la risonanza personale nel testo generato dalla macchina che è l’essenza di questo progetto" ha commentato Devlin, che ha detto di essersi ispirata dalla scrittura di Shoshana Zuboff sulla "civiltà dell’informazione", da cui cita la frase: "Se il futuro digitale sarà la nostra casa, allora saremo noi a doverlo creare".
"PoemPortraits non è solo all’avanguardia nella collaborazione tra poesia e apprendimento automatico, ma è anche uno dei primi filtri selfie in-browser che risponde alla forma del tuo viso" si legge nelle faq del portale, dove si nota che, dal momento che la web app necessita di molte risorse a livello di sistema, "stiamo spingendo i limiti del tuo browser per fare accurate stime di posa e rendering, sovrapponendo il poema generato dalla tua parola e dall’algoritmo in tempo reale, dunque [il servizio] potrebbe non funzionare su alcuni dispositivi mobili". Il consiglio è di usare il browser web Google Chrome, funziona bene sia su desktop che mobile.
Qui sotto è possibile vedere il PoemPortrait di Devlin, che ha scelto come parola da donare "convergenza".
PoemPortraits come funziona