Google non sta violando le leggi sul copyright digitalizzando milioni di libri in modo che possa fornire piccole porzioni di essi al pubblico: è quanto stabilito dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha respinto il ricorso dell’associazione Authors Guild in seguito la decisione, lo scorso ottobre, di una corte d’appello federale in una controversia decennale aperta dalla Authors Guild – la più importante associazione degli scrittori americani – preoccupata che il progetto di Google avrebbe possa rovinare il mercato del loro lavoro.
Lo scorso ottobre, la seconda corte d’appello statunitense di New York ha concordato con un giudice che i frammenti di pagine di libri (i cosiddetti ‘snippet’) che Google mostra ai clienti è un uso trasformativo delle informazioni e fornisce un servizio pubblico quindi il colosso di Mountain View non ha violato le leggi sul copyright. La Authors Guild ha cercato di fare ricorso alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che lo ha pero’ respinto, confermando il parere del giudice federale Denny Chin, secondo il quale il cosiddetto ‘Library Project’ rientra nella categoria del ‘fair use’, ovvero la presentazione a scopo didattico o di documentazione di materiale coperto da copyright.
E’ così terminata con una vittoria di Google una battaglia legale durata oltre dieci anni. Vi siete persi qualcosa? Di seguito ricapitoliamo.
Il caso. La Authors Guild e vari autori indipendenti si erano uniti per contestare Google nel 2005, sostenendo che il progetto Book violava i loro diritti. Tra gli scrittori che si sono schierati contro Google anche: Jim Bouton, Betty Miles, e Joseph Goulden. Nel 2008, Google ha raggiunto un accordo preliminare accettando di pagare 125 milioni di dollari agli autori dei libri indicizzati. L’accordo fu contestato prima dalla American Society of Journalists and Authors che ha avviato una battaglia legale, poi proseguita dalla Authors Guild.
Le accuse. Mentre gli autori contestano il fatto che attraverso Google Books permette di scaricare versioni integrali dei libri non protetti da copyright, forniti da importanti biblioteche, gli utenti hanno la possibilità di effettuare ricerche all’interno di tutti i testi indicizzati e leggerne un’anteprima (solo della parte ricercata, non i testi interi). Google si è sempre difesa sostenendo di aver aumentato le vendite di libri, sia grazie alle anteprime fornite agli utenti, sia dando la possibilità a questi ultimi di scoprire nuovi titoli, libri di cui magari non sarebbero mai entrati a conoscenza.
La prima sentenza. Il giudice Denny Chin ha stabilito nel novembre 2013 che la digitalizzazione di Google di oltre 20 milioni di libri, per lo più titoli fuori stampa, non ha violato i diritti d’autore in quanto la società di Mountain View ha mostrato solo brevi porzioni dei libri. Chin aveva detto che sarebbe stato difficile per chiunque leggere le opere nella loro interezza avviando ripetutamente diverse ricerche.
La Corte d’Appello. In un parere scritto dal giudice Pierre N. Leval, accettato dalla corte d’appello, si legge che "la fornitura da Google di una copia digitale previa una ricerca è un uso trasformativo che aumenta la conoscenza pubblica mettendo a disposizione informazioni sui libri senza fornire al pubblico un sostituto completo del materiale protetto da copyright. Lo stesso vale, almeno nelle condizioni attuali, per la funzione snippet di Google." Inoltre, la "Visualizzazione di frammenti [di un libro] produce discontinui, minuscoli anteprime, pari nel complesso a non più del 16% di un libro. Questo non minaccia i titolari di diritti d’autore o diminuisce la loro raccolta di denaro dal diritto d’autore."
I tre giudici della corte d’appello hanno riconosciuto, tuttavia, che alcune vendite di libri sono andate probabilmente perse nel caso in cui qualcuno semplicemente ha effettuato delle ricerche di una porzione di testo per trovare risposta ad una propria curiosità. I giudici hanno infatti riconosciuto che "la funzione snippet può causare la perdita di vendite. Ci sono sicuramente casi in cui il bisogno di un ricercatore per l’accesso ad un testo verrà soddisfatta dalla vista del snippet, con conseguente sia perdita della vendita di quel ricercatore, che la riduzione della domanda in librerie per quel titolo. Ma la possibilità, o addirittura la probabilità o la certezza di una certa perdita di vendite non sono sufficienti (…) ci deve essere un effetto significativo sul mercato per concretizzare il valore del lavoro protetto da copyright."
La Corte Suprema. La Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto il ricorso della Authors Guild nel mese di Aprile 2016, confermando il parere del giudice federale Denny Chin, secondo il quale il cosiddetto ‘Library Project’ rientra nella categoria del ‘fair use’, ovvero la presentazione a scopo didattico o di documentazione di materiale coperto da copyright.
Google soddisfatta della sentenza finale. Google ha detto in una dichiarazione: "Siamo grati che il giudice abbia deciso di confermare la decisione del giudice federale, che ha concluso che Google Books è trasformativo e coerente con le leggi sul copyright."
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