E’ passato un anno e mezzo dalla sentenza della Corte di giustizia europea sul tema del diritto all’oblio, che ha imposto ai motori di ricerca – quello di Google in primis – di permettere agli utenti di richiedere la rimozione dei link “inadeguati o non più pertinenti” che includano un riferimento specifico alla loro persona. Un anno e mezzo dopo, possiamo quindi fare un breve bilancio sul numero di richieste pervenute a Google, il numero di link rimossi e non.
Per quanto riguarda l’Italia, sebbene sono più di 28 milioni gli italiani sul web [28,8 milioni di utenti si sono collegati a internet almeno una volta nel mese di settembre 2015: fonte Audiweb] in realtà sembra che la web-reputation (la reputazione sul web) poco conta.
SITUAZIONE UN ANNO E MEZZO DOPO. Google ha nel Report sulla trasparenza spiega che dal maggio 2014 ad ottobre 2015 ha ricevuto 348mila richieste da parte degli europei (26mila da italiani) su 1,2 milioni di link complessivi. Google ha rimosso circa 440mila link. L’Italia con 26.186 richieste inviate è il quinto Paese Ue per numero di richieste inviate, per un totale di 85mila link, di cui 21mila sono quelli cancellati finora. Dalla Francia sono pervenute a Google 73mila richieste, dalla Germania 60mila, dall’Inghilterra 43mila e dalla Spagna 33mila.
SITUAZIONE UN ANNO DOPO. Dall’Italia, le richieste complessive di deindicizzazione arrivate alla sede europea di Mountain View un anno dopo la sentenza sono meno di ventimila, per un numero complessivo di circa 65mila link (una richiesta può prevedere la rimozione di più link). Google ha respinto la maggior parte delle richieste: infatti, meno di un link su tre è stato rimosso da Google, pari al 27,6% dei link di cui è stata richiesta la rimozione. Per fare un confronto con altri paesi d’Europa, dalla Francia sono pervenute 50mila richieste di deindicizzazione, per circa 174mila link. I francesi possono considerarsi ben più soddisfatti rispetto gli italiani, perchè Oltraple è stata tolta quasi la metà dei link richiesti.
A ricorrere al diritto all’oblio sono quasi solo i comuni cittadini. In base a quanto riportato dal Guardian, meno del 5% delle richieste è su informazioni riguardanti crimini, politica e figure pubbliche, che sono invece i casi più trattati dai media. La percentuale si riferisce a circa 118mila richieste pervenute a Google nei mesi tra maggio 2014 e marzo 2015.
La sentenza della Corte di giustizia europea del 13 maggio 2014 è giunta dopo che cittadino spagnolo è ricorso al tribunale dopo essersi visto negata la richiesta fatta a Google di togliere dai risultati delle ricerche del suo motore di ricerca i collegamenti a contenuti che facevano riferimento alla sua persona. In breve, il nome di tale persona era stato pubblicato da un quotidiano nel 1998 e indicato come proprietario di un immobile che doveva essere venduto all’asta per debiti; poi, nei risultati delle ricerche su Google il motore di ricerca ha continuato a mostrare link a pagine che trattavano l’argomento, compreso il nome dell’uomo che a procedimento concluso non voleva più che il suo nome comparisse sul web per una questione ormai risolta. In aiuto dell’uomo è intervenuta l’agenzia di protezione dati spagnola, chiedendo a Google la rimozione dei link che potevano apparire su siti terzi; il colosso di Mountain View ha poi fatto appello, e il tribunale spagnolo si è rivolto alla Corte di giustizia dell’Ue da cui è arrivata la sentenza destinata ad entrare nella storia di Internet: il diritto all’oblio.
Google ha criticato la sentenza dopo che è stata emessa, definendola una "deludente sentenza per i motori di ricerca e gli editori online in generale.". Il gigante della ricerca è stato però costretto a rispettare la sentenza, ed ha quindi pubblicato un modulo online che gli utenti possono compilare per richiedere che determinati link dei risultati di ricerca che riconducono alla loro persona possano essere rimossi. Anche gli altri motori di ricerca hanno dovuto mettere a disposizione degli utenti i formulari tramite cui richiedere la rimozione di link contenenti informazioni personali che ritenevano "inadeguate o non rilevanti".
Google intende valutare "ogni singola richiesta" cercando di "bilanciare i diritti sulla privacy della persona con il diritto di tutti di conoscere e distribuire le informazioni". Google precisa che tutte le richieste saranno prese in considerazione, ma non tutte potranno essere accettate. "Durante la valutazione della richiesta stabiliremo se i risultati includono informazioni obsolete sull’utente e se le informazioni sono di interesse pubblico, ad esempio se riguardano frodi finanziarie, negligenza professionale, condanne penali o la condotta pubblica di funzionari statali",sottolinea Google.
Google ha fornito esempi di alcune delle richieste accettate ed altre rifiutate.
In una richiesta, una donna ha chiesto che venisse rimosso un link ad un vecchio articolo sull’omicidio di suo marito, dal momento che includeva il suo nome. Google ha ottemperato a tale richiesta. In un’altra richiesta, un professionista finanziario voleva la rimozione dei link a pagine circa il suo arresto e la condanna per reati finanziari. Google non ha ottemperato a tale richiesta. In un terzo esempio, una vittima di stupro ha chiesto la rimozione di un link ad un articolo di giornale sulla criminalità di abusi, una richiesta che Google ha accettato. In un quarto caso, una persona che ha voluto la rimozione del link ad un articolo on-line sul suo licenziamento per crimini sessuali commessi durante l’attività lavorativa Google non ha ottemperato a tale richiesta.
Decidere quali richieste accettare e quali no è comunque un lavoro impegnativo per Google. Sulla base degli esempi di cui sopra, e altri elencati da Google, tuttavia, un fattore che sembra essere importante nella decisione è se la richiesta proviene da qualcuno accusato di, o condannato per aver commesso un crimine o di qualcuno che è una vittima o parte innocente in un crimine o un caso.
Come chiedere la rimozione di link. Se volete chiedere la rimozione di link a contenuti che parlano di voi, compilate il formulario in questa pagina, mentre per approfondire l’argomento vi rimandiamo all’articolo "Ue conferma diritto Oblio: Google deve eliminare i risultati di ricerca".
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