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Diritto oblio, Garante accoglie 2 richieste contro Google

Il Garante della privacy ha accolto 2 dei 9 ricorsi presentati contro Google che aveva negato il diritto all’oblio di pagine sul web che riportavano dati personali ritenuti non più di interesse pubblico e "prescritto a Google di deindicizzare le url segnalate".

Il Garante ne ha dato comunicazione nell’ultima newsletter dell’Authority inviata agli iscritti, in cui viene messo in luce che il colosso della ricerca deve "dare un riscontro alle richieste di cancellazione delle pagine che contengono il nominativo del richiedente reperibili utilizzando il nome dell’interessato".

2 richieste su 9 sono state accolte, ma ben sette no. In questi sette casi, il Garante ha ritenuto Google dalla parte della ragione in quanto è risultato prevalente l’aspetto l’interesse pubblico ad accedere alle informazioni tramite motori di ricerca.

Nei due casi accolti, l’Autorità ha ritenuto che sono state violate le norme del Codice privacy e del codice deontologico.

Il primo caso accolto riguarda una signora che ha chiesto a Google di rimuovere il link che rimandava ad un sito in cui ci erano contenuti dati personali sottratti illegalmente, o riferiti a persone estranee alla vicenda giudiziaria narrata.

Il secondo caso accolto dall’Autorità riguarda, ma che era stato negato da BigG, riguarda un uomo indagato per pedofilia tra il 2006 e il 2007, poi assolto nel 2009. Alcune pagine accessibili dai risultati di ricerca di Google riportavano informazioni non aggiornate, l’assoluzione, notizie inserite in un contesto idoneo a ledere la sfera privata della persona.

Google ha approvato il 42 per cento delle richieste raccolte da maggio

Nel suo precedente rapporto sulla trasparenza, Google ha detto di aver ricevuto un totale di 144.907 ricerche della frase "diritto di essere dimenticati" e di aver ricevuto un totale di 497.507 richieste di rimozione di pagine web. Tra i quasi 500mila collegamenti di cui è stata richiesta la rimozione, l’azienda ha detto di aver rimosso 170.506 link (il 41,8 per cento del totale di richieste) e di aver rifiutato di rimuoverne 237.561 (il 58,2 per cento).

Il tutto è una conseguenza di una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea fatta a maggio di quest’anno che ribadisce il "diritto all’oblio". Come parte della sentenza, gli europei possono chiedere a Google e agli altri motori di ricerca di rimuovere i collegamenti ai risultati di ricerca se ritengono che tali risultati contengono informazioni che potrebbero influenzare la loro privacy o che semplicemente non ritengono più rilevanti o validi per qualche motivo.

Google ha criticato la decisione di maggio, definendola una "deludente sentenza per i motori di ricerca e gli editori online in generale.". Il gigante della ricerca è stato però costretto a rispettare la sentenza, ed ha quindi pubblicato un modulo online che gli utenti possono compilare per richiedere che determinati link dei risultati di ricerca che riconducono alla loro persona possano essere rimossi.

Cosa vuole dire avere diritto all’oblio

La sentenza della Corte di giustizia europea sostiene il ‘diritto all’oblio’ sul web, ed è giunta dopo che cittadino spagnolo è ricorso al tribunale dopo essersi vista negata la richiesta fatta a Google di togliere dai risultati delle ricerche del suo motore di ricerca i collegamenti a contenuti che facevano riferimento alla sua persona. Il nome della persona interessata fu pubblicato da un quotidiano nel 1998 e indicato come proprietario di un immobile che doveva essere venduto all’asta per debiti. Successivamente, nei risultati delle ricerche su Google il motore di ricerca continuava a mostrare link a pagine che trattavano l’argomento e associavano il nome dell’uomo a questo fatto. Dal 2009 l’uomo ha iniziato a chiedere la rimozione dei link, perchè il procedimento si era concluso ormai da anni e le notizie sul suo conto erano obsolete. L’uomo ha chiesto quindi aiuto all’agenzia di protezione dati spagnola, chiedendo che Google cancellasse i link che potevano apparire su siti terzi. Google si è poi appellata e il tribunale spagnolo si è rivolto alla Corte di giustizia dell’Ue.

Se volete chiedere la rimozione di link a contenuti che parlano di voi, compilate il formulario in questa pagina.

Simone Ziggiotto

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