Conto cointestato, ecco in quale casi l’altro coniuge è tenuto a dover corrispondere l’Irpef sulle somme usate
Una recente ordinanza emessa dalla Corte di Cassazione (la numero 25684 del 22 settembre 2021), ha, in un certo senso, rivoluzionato e stravolto alcune convinzioni o alcune prassi che riguardano il conto cointestato, stabilendo che il denaro versato su quella tipologia di conto appartiene solo a chi lo ha versato e non all’altro cointestatario. Pertanto, qualora venisse speso dall’altro cointestatario, su quest’ultimo graverebbe l’onere di dover pagare l‘Irpef.
Con la pronuncia in questione, gli ermellini hanno respinto il ricorso di un uomo che aveva ricevuto un accertamento sui soldi presi dal conto cointestato con la moglie, dove affluiva solo liquidità appartenente a quest’ultima. La pronuncia si basa sul fatto che il versamento di denaro sul conto cointestato non prova «l’animus donandi», e cioè la volontà di chi versa di fare un regalo al partner.
Il versamento di denaro in un conto cointestato, infatti, non costìtuisce secondo la Cassazione, un atto di liberalità di per sé.
L’atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito su un conto cointestato, non implica di per sé un atto di liberalità, se non è provata l’esistenza di un “animus donandi”.
Se non sono provate le circostanze univocamente suffraganti l’immanenza di uno spirito liberale, il versamento di liquidità su un conto cointestato non implica dunque la volontà di attribuire la disponibilità del denaro all’altro cointestatario. Dal punto di vista fiscale, la Cassazione ha fatto riferimento anche all’articolo 5, comma 1 del dpr 22 dicembre 1986, secondo il quale anche i proventi derivanti da fatti illeciti sono soggetti a tassazione, anche quando il contribuente ha ricevuto una sentenza di condanna alla restituzione delle somme illecitamente incassate ed al risarcimento dei danni cagionati.
Nel caso in questione, il contribuente aveva subito una condanna dal giudice civile a risarcire i danni subiti dalla moglie per l’appropriazione indebita e arbitraria del denaro. Dalla denuncia è scaturito l’avviso di accertamento Irpef che, dopo la sentenza degli ermellini, il marito sarà costretto a dover pagare, indipendentemente dal fatto che i soldi spesi appartengono ad un conto cointestato.
Va ricordato che intestare un conto corrente al coniuge non mette al riparo il cointestatario da un eventuale accertamento del fisco anche quando i due coniugi sono in regime di separazione dei beni. Spesso la strategia del conto cointestato è quella di eludere eventuali controlli fiscali, al fine di nascondere dei redditi percepiti e non dichiarati.
In questi conti spesso affluiscono somme derivanti dai pagamenti in nero con la speranza di essere al riparo da eventuali accertamenti fiscali. In realtà gli accertamenti vengono anche estesi ai conti cointestati e se la somma versata dovesse risultare proveniente da operazioni illecite, il conto corrente (anche se cointestato), può essere sequestrato.
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