Le Autorità per la privacy che fanno parte della associazione internazionale Global Privacy Enforcement Network (Gpen) chiedono alle società sviluppatrici (Google, Apple, Microsoft, ecc) di piattaforme che offrono app su smartphone e tablet di obbligare gli sviluppatori a informare gli utenti, prima che questi scarichino le app, sugli eventuali dati personali che il software raccoglie, informazioni che come andremo a vedere dopo mettono a rischio la propria privacy se mal gestite.
Le Autorità del network hanno sollevato la questione in una lettera aperta inviata a Apple, Google, Samsung, Microsoft, Nokia, BlackBerry e Amazon sollecitando i colossi della tecnologia a garantire protezione agli utenti che i loro dati non vengano raccolti e usati dalle applicazioni mobili per scopi diversi da quelli finalizzati a far funzionare il software stesso. Scopi che devono essere ‘ben chiariti’ all’utente che sta andando a scaricare il programma.
Antonello Soro, presidente dell’Autorità per la protezione dei dati personali, dice a LaStampa.it che mettere a disposizione degli utenti una informativa prima del download è importante per la tutela dei diritti perché "consente alle persone di decidere liberamente e consapevolmente, prima dell’installazione, se permettere l’uso dei propri dati o meno. Senza questa informazione, gli utenti sono esposti ad una raccolta massiccia a loro insaputa".
La raccomandazione del Gpen, gruppo creato per rafforzare la cooperazione tra le Autorità della privacy di tutto il mondo e di cui il Garante italiano fa parte, segue l’indagine da esso promossa in primavera, i cui risultati hanno evidenziato che molte delle app più scaricate dagli utenti chiedono l’accesso ad una gran quantità di dati senza spiegare nel dettagli per quali scopi queste informazioni sarebbero state usate. Su circa 1200 applicazioni controllate in tutto il mondo, solo il 15% ha una informativa privacy chiara per l’utente medio.
Scopo di un’app per smartphone o tablet è quello di semplificare la vita ma a esse, quando le installiamo, diamo il libero accesso a molte delle nostre informazioni, dati anche molto importanti nel caso di specifiche app come quelle degli istituti bancari. Il rischio? il presidente del Garante italiano dice che è "un monitoraggio digitale permanente al quale ci stiamo via via assuefacendo".
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