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Youtube ha pagato 6 miliardi di dollari all’industria musicale in 12 mesi

Le piattaforme di streaming musicale come Spotify, Amazon Music, Apple Music, Deezer, TIDAL, Qobuz, Youtube Music e altre ancora sono legali – facendola breve – perchè pagano le case discrografiche per avere la licenza della musica che hanno in catalogo, in base agli accordi presi tra le parti. Ciascuna piattaforma fa affidamento su un proprio modello di business, offrendo caratteristiche esclusive ed altre condivise con le altre piattaforme. Per esempio, Youtube Music offre di base musica gratuita grazie al supporto della pubblicità, ma offre anche un piano a pagamento (Youtube Premium) che costa 9,99 euro al mese e che consente di rimuovere la pubblicità e di ascoltare la musica in background (quindi anche quando si blocca lo schermo del dispositivo o si utilizzano altre app). Parte dei ricavi che arrivano dalla pubblicità e dagli abbonamenti vanno alle case discografiche. Youtube ha comunicato che, nel periodo compreso tra luglio 2021 e giugno 2022, ha pagato oltre 6 miliardi di dollari all’industria musicale: una cifra che è di 2 miliardi più alta rispetto ai 4 miliardi di dollari pagati dall’azienda nello stesso periodo l’anno precedente.

L’obiettivo di Youtube è quello di rendere il suo servizio di streaming musicale basato su annunci e abbonamenti "il ​​primo contributore di entrate al settore entro il 2025", come ha detto Lyor Cohen, Global Head of Music di YouTube, in un post sul blog ufficiale di Youtube. Per riuscire a raggiungere tale scopo, la piattaforma sta monetizzando tutti i formati musicali (video nei formati breve e lungo, tracce audio, live, ecc.), su tutte le piattaforme (desktop, tablet, mobile e TV), in oltre 100 paesi. Youtube ha anche aperto la strada alla monetizzazione dei contenuti generati dagli utenti (UGC), da cui proviene oltre il 30% dei pagamenti per artisti, cantautori e titolari dei diritti nel periodo compreso tra Luglio 2021 e Giugno 2022. Tra le altre statistiche condivise dalla piattaforma: i video brevi di Youtube (Shorts) generano 30 miliardi di visualizzazioni al giorno, con 1,5 miliardi di utenti registrati al mese (ad Aprile 2022).

"stiamo assistendo a profondi cambiamenti nella musica" ha spiegato Cohen. "Dobbiamo accompagnare questo movimento per essere il posto migliore per ogni appassionato di musica. I fan vogliono scoprire, consumare e partecipare alla musica in più formati di contenuti e solo YouTube può offrire l’intera esperienza in un unico posto. (…) Costruire un’esperienza musicale connessa in tutti i formati musicali è fantastico per i fan, ma deve anche essere ottimo per gli artisti. Tutti gli artisti. Che vogliano essere occasionalmente brillanti o ‘sempre attivi’, la nostra missione è aiutarli a forgiare il proprio percorso su YouTube e sviluppare carriere finanziariamente sostenibili."

Dal momento che l’argomento qui sono gli interessi di case discografiche e artisti del vasto mondo della musica, se siete abbonati a Netflix vi invitiamo a guardare la mini-serie ‘The Playlist‘ che, in maniera romanzata, racconta la nascita di Spotify, la popolare piattaforma di streaming musicale che ha contribuito a cambiare l’industria della discografia mondiale. Questa serie è interessante perchè non dice esattamente come Spotify è nata, ma ciascun episodio racconta la nascita della piattaforma da un punto di vista diverso: da quello dell’imprenditore tech svedese Daniel Ek a quello dei sui suoi principali partner. 

Simone Ziggiotto

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