Com’è composto il surimi in Italia? Ecco il nostro articolo sulle parole degli chef riguardo questa pietanza nipponica
Tra le pietanze giapponesi che sono arrivate ormai sulle tavole italiane, prendendo un ampio spazio nei pasti delle singole famiglie, c’è il surimi. Tutti lo conosciamo coma una deliziosa polpa di granchio, che molte delle nostre mamme hanno anche inserito all’interno delle proprie ricette culinarie della tradizione nostrana. Ci capita di vederlo nelle insalate di mare, i piatti di pasta a base di pesce o una particolare pescatora. Resta una domanda: stiamo realmente mangiando del granchio con quella specialità nipponica?
Com’è composto il surimi giapponese
Il surimi ha catturato l’attenzione di tanti italiani, considerato come risulta tra le pietanze più appetitose provenienti dalla cucina giapponese. In realtà del Giappone c’è poco nulla, poiché è una di quelle pietanze “orientali” ma che in Oriente non vengono servite nemmeno per sbaglio. Infatti, ormai da anni i nostri cuochi hanno spacciato come ricette orientali delle pietanze italianizzate, che però circolano solamente nel nostro Paese. Un gioco commerciale per permettere una cucina etnica a basso costo e con materie prime modeste, che oggi interessa il campo culinario del Giappone, la Cina, l’India o la Thailandia (le cucine orientali più consumate in Italia).
Stiamo mangiando realmente del granchio in questa pietanza?
Fatto quest’importante, quanto necessario, preambolo, torniamo a parlare del surimi. Mangiamo realmente della polpa di granchio? Assolutamente no. In realtà mangiamo un complesso processo per assemblare del pesce surgelato. In molte situazioni del granchio non c’è proprio nulla, in un sapore del crostaceo che è donato solamente dagli zuccheri e i composti chimici che vengono utilizzati per la cucina del prodotto culinario.
Mangiarlo ogni tanto non fa male, almeno se non soffriamo di problemi con lo stomaco o l’intestino. Ecco perché consigliamo di vedere sempre le etichette dei prodotti che andiamo a mettere nel carrello durante la spesa, indipendentemente se andiamo a prendere del cibo etnico o meno. Grazie alle etichette, almeno i prodotti nel grande supermercato non possono ingannarvi sulla loro composizione e soprattutto sulla qualità del prodotto.
Dopotutto in questo Paese c’è il diritto a mangiare bene, cercando di non cadere a qualche raggiro di marketing per far credere come un determinato prodotto sia di qualità quando in realtà non lo è. Tale situazione non è una singolarità nel campo della cucina nipponica italianizzata. Si pensi alla crema di wasabi, che in Italia è difficilissima da trovare pura. Nei vari supermercati italiani, diversi servizi televisivi hanno dimostrato come ci viene venduta una crema composta solamente da peperoncino e additivi chimici.