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Prima di rispondere ‘Sì’ al telefono meglio pensarci

Esistono, da quanto apprendiamo, alcuni call center che riescono a concludere contratti, ad esempio per cambiare il fornitore dell’energia elettrica o del gas, all’insaputa di chi risponde al telefono, riuscendo a farsi dire alcune informazioni personali e soprattutto la parola ‘Sì’. Come è possibile prevenire e tutelarsi?

attenzione a dire Sì quando si risponde al telefono – PianetaCellulare.it [credit: OlyaOK/shutterstock]
Nei giorni scorsi abbiamo modo di affrontare la questione dei pericoli che si possono nascondere dietro alle attività di teleselling e telemarketing che svolgono i call center. Non tutte le aziende che contattano telefonicamente persone per proporre nuove offerte o cercare di stipulare nuovi contratti, fortunatamente, si comportano male. Tuttavia, ce ne sono alcune che adottano delle pratiche scorrete al fine di stipulare contratti all’insaputa delle persone che rispondono al telefono.

Tra i call center scorretti ci sono quelli che cercano di far pronunciare ‘Sì’ alla persona che risponde al telefono, così da poter riutilizzare questa parola per far credere che la persona chiamata abbia dato il suo consenso per stipulare un nuovo contratto, per esempio di fornitura di gas o telefono. Nei successivi paragrafi andremo a vedere meglio come funziona ma soprattutto come ci si può tutelare per evitare di cadere vittima di questa cosiddetta ‘truffa del Sì‘.

Nei giorni scorsi abbiamo già segnalato quanto sia importante fare attenzione a dire la parola quando di risponde alle telefonate dei call center. Ma siamo qui per ribadire la questione con il supporto di un episodio del podcast ANSA EcnonoMIA nel quale Corrado Chiominto, responsabile della redazione dell’Ansa che si occupa di economia, affronta proprio il problema dei Sì ‘rubati‘ da alcuni call center per attivare contratti all’insaputa di chi risponde al telefono.

Perché bisogna stare attenti a pronunciare ‘Sì’ quando si risponde ai call center

Negli ultimi mesi, i call center si sono scatenati per contattare le persone in vista del passaggio dal mercato tutelato al mercato libero prima per la fornitura dell’energia elettrica e poi per la fornitura del gas. Il compito di un call center che svolge l’attività di telemarketing è di informare le persone che rispondono al telefono di eventuali offerte, promozioni e prodotti.
Chi svolge attività di teleselling, invece, ha il compito proprio di andare a stipulare contratti tramite telefonate.

attenzione a dire Sì quando si risponde al call center – PianetaCellulare.it [credit: Viktoria Kurpas/shutterstock]
Di solito, è prevista una procedura in cui chi propone il contratto e chi lo sottoscrive si scambiano le informazioni necessarie per la stipula via telefono. Il tutto viene registrato, con il sottoscrittore che deve anche dare il suo consenso esplicito pronunciando la parola ‘Sì’.  Come nello stesso podcast qui sopra menzionato conferma, ma già si sapeva che succede questo, alcuni call center birichini cercano di ottenere le informazioni utili per la stipula di un contratto ponendo a chi risponde delle domande mirate, almeno una anche per cercare di ottenere un da poi estrapolare dal contesto.

Facciamo un esempio pratico di come funziona

Per esempio, un call center che lavora per l’azienda di fornitura di energia elettrica ‘B’ contatta Mario Rossi, cliente dell’azienda ‘A’ di fornitura di energia elettrica, con lo scopo di proporgli il cambio del fornitore in ‘B’. Con la semplice scusa di chiedere delle informazioni sulla fornitura, l’operatore potrebbe riuscire a farsi dire da Mario, per esempio facendosi leggere l’ultima bolletta con i suoi dati personali e il codice identificativo del contatore (POD). Quest’ultimo identifica il contatore (equivale al codice PDR nel caso di fornitura di gas) e non va mai fornito (a meno che non si desidera davvero cambiare il fornitore).
Una volta ottenuti i dati necessari, l’operatore potrebbe chiedere a Mario se è interessato a cambiare fornitore con la speranza di ricevere un bel Sì. Mario potrebbe però rispondere ‘No’ e chiudere la chiamata, anche dopo aversi fatto spiegare per bene l’offerta proposta. Tuttavia, Mario durante la telefonata potrebbe avere pronunciato un ‘‘, parola che il call center potrebbe andare ad estrapolare e utilizzare come suo consenso per il cambio del fornitore a sua insaputa. Per riuscire a farsi dire questa parola, l’operatore potrebbe semplicemente avere aperto la telefonata dicendo “salve, sto parlando con Mario Rossi?” e Mario in buona fede potrebbe avere detto ““.

Come prevenire e tutelarsi

Il primo suggerimento che si può dare per prevenire sorprese dopo avere risposto ad un call center è di non pronunciare mai ‘Sì’. Il vocabolario della lingua italiana è pieno di parole e sinonimi che si possono utilizzare in alternativa. Per esempio, alla domanda “salve, sto parlando con Mario Rossi?” si potrebbe rispondere “Chi mi cerca?” e così si evita di pronunciare . La cosa migliore, se non si ha intenzione di cambiare fornitore o operatore telefonico, è rispondere qualcosa come “guardi, la fermo subito perché mi trovo bene con il gestore che ho e non sono interessato a cambiare“. Una risposta gentile per tagliare la conversazione e non far perdere del tempo a nessuno. Se possibile, meglio ancora è evitare di rispondere alle telefonate sospette spam, identificabili grazie agli strumenti nativi sui dispositivi Android o tramite app come PleaseDontCall di WindTre.

Vale la pena ricordare che è possibile limitare la ricezione di telefonate da call center con la registrazione al Registro Pubblico Opposizioni (RPO), l’elenco di numeri di telefono (fissi e mobili) che i call center non possono contattare per finalità pubblicitarie.

Cosa fare nel momento in cui si scopre di essere una vittima della truffa del Sì? Se ci si accorge entro 14 giorni dalla stipula del contratto è possibile esercitare il diritto al ripensamento, quindi si può contattare il nuovo fornitore per chiedere di annullare il contratto (invitiamo a cercare nel sito web del fornitore tra le pagine della sua assistenza online). Se più di 14 giorni sono trascorsi, perché magari ci si accorge del cambio fornitore solo alla prima fattura, è possibile disconoscere il contratto e quindi chiederne l’annullamento (qui la procedura descritta da Altroconsumo).

Redazione Pianetacellulare

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