Andiamo a raccogliere ed elencare una serie di utili consigli che potrebbero incentivare a cambiare uno stile di vita fortemente incentrato sull’utilizzo dello smartphone, aiutando magari a cambiare uno stile di vita non corretto.
In questi ultimi giorni abbiamo riportato studi che portano alla conclusione comune che l’uso smoderato della tecnologia può non fare bene alla nostra salute, mente e corpo. “Avete scoperto l’acqua calda” alcuni di voi potrebbero pensare. Però sentire queste cose può a volte far finire i concetti nel cosiddetto ‘dimenticatoio’ del cervello senza che vengano prima assorbiti. In questo articolo cercheremo di ricapitolare utili consigli che potrebbero incentivare al ragionamento ed evitare che lo smartphone possa diventare una dipendenza. E chissà, potrebbero essere consigli capaci di aiutare a cambiare uno stile di vita.
L’aspetto principale da sottolineare è che la tecnologia in generale, così come lo smartphone in particolare, non fa male. La tecnologia si può trasformare dall’essere uno strumento che ci aiuta nella vita quotidiana all’essere uno strumento di dipendenza che non fa bene alla salute nel momento in cui si abusa di essa, al punto da diventare una dipendenza. Se ne può uscire, fortunatamente.
Lo smartphone non è un male assoluto, dipende come si usa
Abbiamo avuto modo di riportare come secondo gli esperti siano sufficienti quattordici giorni di auto-gestione e distacco dallo smartphone per non essere più dipendenti dalle notifiche dei social media e dai videogiochi. Queste attività, infatti, possono attivare il rilascio della dopamina, una sostanza che porta il cervello a considerare attività come queste una ‘ricompensa’ che porta ad una falsa sensazione di benessere.
Nel momento in cui vengono meno le ricompense dallo smartphone, perché magari si prova a tenere le distanze dai social media o dai video di YouTube, il cervello rilascia il cortisolo, sostanza che alimenta lo stress, provocando il senso d’ansia. Servono quindi alcuni giorni prima di riuscire a ‘disintossicarsi’ dallo smartphone. E’ sufficiente svolgere attività che facilitano il rilascio della dopamina alternative a quelle legate allo smartphone (come lo scrollare i feed sui social media), come trascorrere del tempo di qualità con figli, nipoti, amici, parenti o anche da soli (come costruire una libreria fai-da-te in casa o finire un puzzle da 10k pezzi).
Gli algoritmi dei social sono malefici?
A proposito di social è anche giusto ricordare che, spesso, non rispecchiano la realtà. Le persone condividono sui social momenti della propria vita che ritengono possano farle apparire in maniera positiva agli occhi degli altri, o in alternativa momenti negativi per apparire vittime ponendosi così al centro dell’attenzione. In fin dei conti, perché mai una persona dovrebbe condividere la propria vita pubblicamente? Evidentemente ci tiene a far sapere agli altri cosa fa e dove va… in generale apparire. Alcuni social, non facciamo nomi specifici, stanno rovinando le nuove generazioni, diffondono l’idea che comportamenti sbagliati possono passare con la giustificazione che “partecipavo ad una challenge” oppure “lo fanno tutti, è virale“. Alcuni social fanno passare l’idea che più si fanno cose sbagliate, o che vanno contro le regole in generale, alla ricerca di likes e più si diventa “fighi“.
Lo smartphone è sicuramente promosso per le telefonate, i pagamenti digitali, gestire la propria identità digitale (CIE o SPID), lavorare e tutte quelle attività che possono aiutare a semplificarci la vita quotidiana. Attività che escludono i social e altre piattaforme che prevedono algoritmi che studiano gli interessi delle persone spingendole a fare o guardare cose. Ecco, forse il male vero sono gli algoritmi dei social, non i social se utilizzati per connettersi con un parente che sta dall’altra parte del mondo e non si sente da molto tempo.
Non usare lo smartphone prima di andare a dormire o per snobbare i figli
Abbiamo visto come sia sconsigliato utilizzare lo smartphone prima di dormire, non solo perché la luce blu emessa dallo schermo potrebbe ridurre la qualità del sonno ma anche perché fa perdere la concezione del tempo che passa. Scrollare i feed dei social di continuo può portare a non accorgersi del tempo che passa. Per questo anche usare lo smartphone mentre si è al bagno non è poi così consigliato. Gli algoritmi dei social sono studiati proprio per proporre contenuti sempre nuovi basati sui propri interessi, così quasi mai ci si stanca di scrollare per scoprire cosa ci può essere di nuovo da scoprire. E questa perdita di tempo può ridurre le ore di sonno effettive, provocando sonnolenza o perdita di concentrazione a scuola o al lavoro il giorno dopo.
In famiglia è anche consigliato non usare lo smartphone quando si mangia tutti insieme. Pranzare in famiglia potrebbe non essere fattibile, tra figli a scuola e genitori al lavoro, mentre la cena dovrebbe essere un momento di condivisione di ciò che si ha fatto durante la giornata. La cosa che i genitori dovrebbero imparare a fare, poi, è non snobbare i propri figli mentre trascorrono del tempo con loro, anzi devono ascoltarli bene. Perché, a volte, i figli hanno delle cose da dire che non rivelano in maniera diretta ma trovano modi alternativi nel tentativo di portare all’attenzione dei genitori qualcosa di importante. I genitori che non fanno attenzione ai particolari potrebbero non cogliere le sfumature rivelatrici di un sentimento di malessere che i figli stanno affrontando.
Non si può insegnare alle nuove generazioni come usare lo smartphone se sono i genitori i primi a sbagliare
Se stiamo ad aspettare che qualcuno dall’alto impartisca delle regole per evitare l’utilizzo dello smartphone o dei social ai giovanissimi perdiamo tempo invano. I governi hanno ben altro a cui pensare. Già faticano a mettersi d’accordo su regole per la tutela dell’ambiente, figuriamoci per l’utilizzo dello smartphone. E’ importante quindi che i genitori prendano coscienza del fatto che insegnare ai propri figli come va utilizzata la tecnologia nel modo corretto è compito loro, prima di tutto, poi qualcosa potrebbe arrivare anche dalla scuola ma troppo spesso i genitori sbagliano nel pensare che la scuola debba insegnare tutto, non è così. I genitori non possono però insegnare il corretto approccio alla tecnologia ai figli se sono loro i primi ad utilizzarla male. Troppi genitori utilizzano i media digitali come baby-sitter, fregandosene delle possibili conseguenze.
Inoltre, dal momento che i genitori dei figli appartenenti ad una classe di scuola media potrebbero già conoscersi da quando i loro figli condividevano le elementari, se non addirittura l’asilo, non sarebbe una cosa negativa accordarsi sul non regalare il primo smartphone fino ad una certa età o traguardo accademico, ad esempio fino alla fine della scuola media. Si eviterebbero richieste come “ma papa, in classe mia sono l’unico senza smartphone” già in prima media.