Shopping online, Google risponde alla Ue sul caso della concorrenza

Google ha risposto alle accuse rivolte alla società di Mountain View dalla Commissione Europea riguardanti a come funziona il servizio Google Shopping, accusato di non rispettare la concorrenza.

Scritto da

Simone Ziggiotto

il

Google ha risposto alle accuse rivolte alla società di Mountain View dalla Commissione Europea riguardanti a come funziona il servizio Google Shopping, che va a comparare i prezzi dei prodotti venduti da alcuni rivenditori online. La replica di Google è arrivata sottoforma di un lungo post sul blog ufficiale della società firmato da Kent Walker, SVP and General Counsel di Google, che andiamo a riassumere.

Quando si cerca qualcosa su Google, la società cerca di fornire "le informazioni della più alta qualità possibile" con il team di ingegneri che è "costantemente impegnato" nello sperimentare nuovi modi migliori per fornire agli utenti informazioni utili e risposte dirette alle domande che cercano nel motore di ricerca. Nel caso specifico di delle ricerche di shopping online, se si sta cercando di acquistare una ‘macchina per il caffè’ o una ‘padella in ghisa’, Google vuole collegare l’utente direttamente ai commercianti che vendono questi prodotti, sia attraverso link organici che annunci display. Negli ultimi anni, Google ha detto di aver migliorato il formato degli annunci display per includere più informazioni con foto, prezzi e link da dove si possono acquistare i prodotti poichè annunci più utili "servono a noi, ai nostri inserzionisti, e alla maggior parte di tutti, voi, i nostri utenti" scrive Walker nel blogpost.

Google non si dice dunque d’accordo con la tesi della Commissione europea secondo cui i risultati di Google Shopping sono un danno per la concorrenza. Come Gogole aveva gia’ risposto nel 2015 in seguito alla consegna dalla Commissione di una prima bozza dello Statement of Objections (SO), la società ritiene che queste affermazioni siano "sbagliate da un punto di vista dei fatti, legale ed economico".

Secondo Walker, l’originale SO della Commissione ha "una definizione così stretta dei servizi di shopping online che ha addirittura escluso servizi come Amazon". Si è sostenuto che, quando Google ha iniziato ad offrire migliorati annunci display per utenti e inserzionisti, abbia "favorito" i propri servizi, andando cosi’ a danneggiare alcuni siti aggregatori di confronto prezzi che hanno sostenuto di aver perso traffico da Google.

Per Mountain View, tuttavia, la Commissione non ha preso in considerazione "il significato competitivo di aziende come Amazon e dinamiche più ampie dello shopping online". Google ritiene, infatti, che lo shopping online è molto competitivo, "con un sacco di prove a sostegno della conclusione del senso comune che Google e molti altri siti web sono a caccia di Amazon, di gran lunga il più grande giocatore in campo".

Google ha poi cercato di dimostrare l’utilità per gli utenti e commercianti degli annunci migliorati, senza "aver mai compromesso la qualità o la pertinenza delle informazioni che abbiamo esposto". Per Gooogle aver migliorato gli annunci non significa "favorire" i propri servizi ma semplicemente "ascoltare i nostri clienti".

Questa estate, la Commissione ha inviato una versione riveduta del suo SO originale, chiamato Supplementary Statement of Objections. La Commissione non ha qui offerto una nuova teoria, ma ha sostenuto che, poiché i siti come Amazon a volte pagano dei siti di confronto per ricevere traffico, non possono essere considerati rivali. Ci sono pero’ diverse aziende che contemporaneamente competono e cooperano. Google a tal proposito ricorda che Amazon ottiene solo una piccola frazione del suo traffico da questi, "appena sufficiente a sostenere l’idea che non sono in concorrenza con siti di confronto dei prezzi e una serie di altri servizi di shopping online".

La risposta di Google al Supplementary Statement of Objections vuole sottolineare come il documento rivisto della Commissione si basa ancora su una teoria che "semplicemente non si adatta alla realtà di come la maggior parte delle persone acquistano online". Per la società di Mountain View, infatti, i consumatori non si limitano a guardare i prodotti su un motore di ricerca, quindi fanno clic su un sito di confronto dei prezzi, e quindi di nuovo visitano i siti commerciali.

Secondo Google, i consumatori raggiungono i siti web dei commercianti in molti modi diversi: tramite i motori di ricerca in generale, i servizi di ricerca specializzati, accesso diretto ai siti dei commercianti, siti di social-media e annunci online serviti da varie aziende. Sul web mobile – più della metà del traffico Internet in Europa è mobile in questi giorni – le applicazioni dedicate sono il modo più comune per i consumatori di fare acquisti. Grazie a tutte queste possibilità, secondo Google i commercianti "stanno raggiungendo direttamente i consumatori come mai prima di oggi".

Walker di Google lamenta poi il fatto che nel rapporto la Commissione non specifica di aver mai chiesto qualcosa direttamente ai consumatori, i quali hanno la possibilità di cliccare e accedere ovunque e a qualsiasi sito che desiderano. Tutti questi servizi – motori di ricerca, siti di confronto dei prezzi, piattaforme mercantili, e commercianti – competono tra loro nello shopping online, "ecco perché lo shopping online è così dinamico ed è cresciuto così tanto negli ultimi anni" scrive Walker.

Google Shopping

Walker cita poi un recente studio che dimostra che per molti acquirenti online tedeschi Amazon è il primo luogo in cui acquistare sul web, e che un terzo dei consumatori online prima va su Amazon a fare acquisti. Solo il 14,3% va prima su Google, e solo il 6,7% usa i siti di comparazione dei prezzi. Un altri recente studio americano citato da Walker mostra risultati simili: il 55% dei consumatori statunitensi iniziano il loro shopping online su Amazon, il 28% sui motori di ricerca, e il 16% entrano nel sito dei singoli rivenditori.

La Commissione sostiene anche che i consumatori non vanno su Amazon per confrontare le caratteristiche dei prodotti e dei prezzi. Per Gogole, invece, Amazon fornisce gli strumenti per fare esattamente questo, oltre alla possibilità di acquistare i prodotti e averli consegnati il ​​giorno successivo, cosa che "rende Amazon un concorrente ancora più forte". Google non si dice sorpresa del fatto che quando Amazon e altri nuovi concorrenti sono arrivati ​​nei paesi europei, il traffico verso siti che offrono solo confronto dei prezzi siano calati.

Il mercato dello shopping è in continua evoluzione, è "dinamico" per riprendere le parole di Walker, dunque sono inevitabili le conseguenze per i concorrenti.

Secondo Google, la manciata di siti di confronto prezzi che hanno presentato reclami alla Commissione di aver perso traffico da Google per non rispettare la libera concorrenza "non riflettono il mercato più ampio". Tuttavia, Google tiene a precisare che ci sono centinaia di siti di shopping di confronto attivi, e nel corso degli ultimi dieci anni alcuni hanno guadagnato traffico, altri hanno perso traffico; alcuni sono usciti dal mercato, altri sono entrati. "Questo tipo di concorrenza dinamica è innegabile; la pubblicità online è in rapida evoluzione, con aziende come Facebook, Pinterest, e molte altre che re-inventano ciò che significa collegare i commercianti con i consumatori" scrive Walker.

In conclusione, Walker in rappresentanza di Google ritiene che non c’è alcuna correlazione significativa tra l’evoluzione dei servizi di ricerca di Google con le prestazioni dei siti di confronto prezzi. Questo mentre negli ultimi dieci anni un rapido aumento di traffico è stato registrato dalle pagine di ricerca di Google a siti popolari come Amazon e eBay quando sono cresciute in Europa.

Il rapporto rivisto della Commissione suggerisce che Google non dovrebbe utilizzare algoritmi specializzati per evidenziare quelli che considera essere gli annunci più rilevanti per i suoi utenti, ma dovrebbe invece evidenziare gli annunci di siti di confronto prezzi. A tal proposito, Walker risponde alla Commissione spiegando che Google ottiene feedback dagli utenti ogni volta che utilizzano i suoi servizi e sono gli utenti stessi a dire come preferiscono fare acquisti online. Costringere Google a gestire aggregatori di prezzi per il confronto "significherebbe solo mostrare siti che sono diventati meno utili per i consumatori" spiega Walker.

In ultima analisi, Walker dice che Google non è d’accordo "con un caso che manca di prove e limiterebbe la nostra capacità di servire i nostri utenti, solo per soddisfare gli interessi di un piccolo numero di siti web". Google dice che resterà impegnata a collaborare con la Commissione, "nella speranza di risolvere le questioni sollevate, e non vediamo l’ora di continuare le nostre discussioni".

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