Musica in streaming frena le vendite di CD negli Stati Uniti

I ricavi generati dalla musica in streaming nel 2014 hanno superato i ricavi dalle vendite di CD negli USA. Secondo i dati sulle vendite di musica dalla RIAA, le vendite dalla musica in streaming sono state pari a 1,87 miliardi di dollari contro i 1,85 miliardi di dollari dalle vendite dei CD. In crescita i servizi in abbonamento, come Spotify Premium, Rhapsody e Beats Music. Nel frattempo, i concorrenti TIDAL e Qobuz puntano sulla qualita' Lossless delle canzoni.

Scritto da

Simone Ziggiotto

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La profezia secondo cui la musica in streaming è il futuro – sia come minaccia dell’industria musicale che un punto di rinascita – sta cominciando a diventare realtà.  I ricavi generati dalla musica in streaming lo scorso anno hanno superato i ricavi dalle vendite di CD, il formato che, una volta controllava con le sue vendite l’industria musicale dalla fine degli anni ’90.

Secondo i dati sulle vendite di musica dalla Recording Industry Association of America, le vendite negli Stati Uniti dalla musica in streaming sono state pari a 1,87 miliardi di dollari nel 2014, la RIAA ha detto, mentre le vendite dei CD si sono fermate a 1,85 miliardi di dollari.

Le entrate dallo streaming di musica – che comprende i servizi di abbonamento come Spotify e Beats Music di Apple, e radio come Pandora e Sirius XM, e anche i servizi gratuiti supportati dalla pubblicità come Vevo, YouTube e la versione gratuita di Spotify – sono aumentate del 29 per cento lo scorso anno, mentre i ricavi dalle vendita dei CD sono scesi del 12,7 per cento.

Nel frattempo, i download digitali, ossia gli acquisti di musica dai negozi come iTunes di Apple o Play Music di Google, hanno rappresentato la più grande fetta delle entrate del settore: le vendite della musica digitale sono diminuite dell’8,7 per cento a 2,58 miliardi di dollari.

Il dato mostra un crescente spostamento dall’acquisto di musica in traccia o di interi album, ad esempio il formato digitale di un CD, verso gli abbonamenti di tipo "all-you-can-eat" ossia quelli che, previa pagamento di un canone mensile o supportati dalla pubblicità, consentono l’accesso ad un vasto catalogo di musica in streaming o da ascoltare in modalità offline (come Spotify, Deezer, Tidal, Rdio, ecc.).

Questo cambiamento di fondo nel settore della musica ha portato molti a credere che la musica in streaming sarà il futuro e porterà benefici al settore, mentre altri ritengono che lo streaming sia un danno per gli artisti.

E’ il momento di puntare sulla qualita’ Audio

In un panorama dove la concorrenza non manca, ci sono alcuni servizi come TIDAL e Qobuz che, rispetto ad altri come Spotify, Deezer e Rdio investono sulla qualità del suono. Gli Mp3 hanno facilitato la condivisione della musicali, ma i file hanno bisogno di essere compressi a causa delle limitazioni dell’archiviazione e della larghezza di banda, portando ad una significativa perdita di qualità del suono. Il catalogo di TIDAL e Qobuz di oltre 25 milioni di brani è in formato FLAC lossless (Free Lossless Audio Codec), per un audio compresso ma fedele all’originale, riprodotto a 1.411 kbps. Lo standard di 1.411 kbps rappresenta un significativo salto di qualità nel flusso di musica, è cinque volte il bitrate di altri servizi (Spotify si ferma a 320kbps).

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RIAA – Statistiche musica negli USA nel 2014

Nel complesso, le vendite totali di musica negli Stati Uniti sono scese dello 0,5 per cento a 6,97 miliardi di dollari l’anno scorso.

Secondo i dati diffusi da RIAA, i servizi di streaming costituiscono la quota maggiore del totale delle vendite dell’industria. Lo Streaming ha contribuito per il 27 per cento del fatturato totale del settore lo scorso anno, rispetto al 21 per cento di un anno prima. Cinque anni prima, questi servizi rappresentavano solo il 5 per cento del totale. La quota dei Download digitali sono è pari al 37 per cento del mercato totale, rispetto al 40 per cento rispetto all’anno precedente, e le vendite fisiche di prodotti (i CD fisici) hanno rappresentato il 32 per cento l’anno scorso.

Uno dei segmenti più popolari della musica digitale sono i servizi gratuiti, supportati dalla pubblicità. Questi non consentono però alle persone di ascoltare canzoni specifiche che stanno cercando: per fare ciò bisogna pagare in media 9,99 euro l’anno – pensate alla versione gratuita di Spotify o YouTube.

I servizi in abbonamento, come Spotify Premium, Rhapsody e Beats Music, sono nel frattempo cresciuti del 25 per cento a 799 milioni di dollari. Le vendite fisiche di CD, vinili e simili, hanno continuato a perdere quota, in calo del 7,1 per cento.

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