La sicurezza dall’impronta digitale potrebbe non essere così inattaccabile come si pensava: l’opinione degli scienziati.
Un gruppo internazionale di scienziati ha messo in discussione la sicurezza associata all’impronta digitale quale metodo di autenticazione: dai vari studi condotti in merito, si è appurato, dunque, che tale tecnologia potrebbe non essere sicura al 100%. Cosa è andato storto? Scopriamolo insieme.
Gli scienziati mettono in discussione la sicurezza dell’impronta digitale
Un gruppo di scienziati cinesi e statunitensi ha messo in discussione la sicurezza associata all’utilizzo dell’impronta digitale quale metodo di riconoscimento.
I ricercatori hanno scoperto, in tale metodo, una importante vulnerabilità che riguarda un aspetto forse finora poco considerato.
Il rumore prodotto dallo sfregamento di un dito sullo schermo potrebbe essere, infatti, utilizzato per bypassare tale metodo di sicurezza, creando una replica di un’impronta digitale.
Le vibrazioni delle dita per replicare l’impronta digitale
La replica dell’impronta digitale, dunque, permetterebbe di convertire le vibrazioni, provocate dal tocco delle dita sullo schermo, in una vera e propria mappa digitale dell’impronta.
Una scoperta che viene fuori anche da studi condotti nel campo dell’intelligenza artificiale, nel corso dei quali è stato illustrato il concetto di “MasterPrint” o “DeepMasterPrint“, che riguarda, per l’appunto, la creazione di un’impronta digitale “universale“, in grado di simulare le caratteristiche di varie impronte.
Tali impronte replicate, dunque, permetterebbero di sbloccare un dispositivo senza il consenso del proprietario.
La soluzione proposta dagli studiosi
Gli studiosi, dunque, si sono messi all’opera, al fine di trovare una soluzione a questo problema che può rivelarsi alquanto increscioso da risolvere.
Per tale ragione, i ricercatori hanno ideato nuove strategie per tenere sotto controllo gli attacchi MasterPrint, focalizzandosi, dunque, su metodi alternativi mediante i quali è possibile acquisire più informazioni sulle impronte senza realizzarne, alla fine, una copia fisica.
La soluzione è insita nell’analisi delle vibrazioni prodotte dallo scorrimento delle dita, che si possono registrare attraverso il microfono dello smartphone.
Tale tecnica risulta molto semplice da attuare, in quanto, grazie all’uso di vari algoritmi avanzati, è possibile analizzare i suoni prodotti, al fine di realizzare una mappa delle impronte digitali.
Il metodo sperimentale, attuato dai ricercatori, è il PrintListener: la percentuale di successo è pari al 27,9% per le impronte parziali e del 9,3% per quel che concerne le impronte complete, su un totale di cinque tentativi. Il tasso di accettazione errata (False Acceptance Rate, FAR) registrato, invece, è pari allo 0,01%.
I risultati ottenuti sono certamente importanti, anche se non esaustivi: il tasso di successo, ad ogni modo, è da apprezzare ma è da migliorare, in modo da garantire un più alto livello di sicurezza nel momento in cui si utilizza tale metodo di riconoscimento biometrico.