Gli smartphone moderni offrono tecnologie di sblocco basate sul riconoscimento biometrico, ad esempio di volto e impronta digitale, ma in un futuro non troppo lontano potrebbero offrire anche lo sblocco tramite riconoscimento del respiro. La tecnologia è in fase di studio.
I metodi più diffusi per poter tenere i dati conservati nel proprio smartphone al sicuro da altre persone sono pin, password e codice di sequenza. Poi, a seconda delle capacità hardware del telefono, possono essere disponibili metodi aggiuntivi come quelli biometrici, con i più diffusi che sono l’analisi dell’impronta digitale e dei lineamenti del viso. Più rara è la tecnologia di riconoscimento dell’iride. Dall’India arriva la notizia che un giorno, forse, ci sarà la possibilità di sbloccare gli smartphone tramite il riconoscimento del respiro.
Gli scienziati dell’Indian Institute od Technology Madras, infatti, hanno comunicato di avere condotto degli studi giungendo alla conclusione che attraverso l’analisi del respiro umano è possibile sviluppare una ‘firma’ individuale. Questa potrebbe rivelarsi utile in campo medico ma anche in altri settori, come quello degli smartphone.
Sbloccare lo smartphone con il respiro: un giorno sarà possibile, forse
Un gruppo di ricercatori dell’IIT Madras, guidato dal professore Mahesh Panchagnula del Dipartimento di Meccanica Applicata e Ingegneria Biomedica dell’istituto, sta studiando come riuscire ad utilizzare il respiro umano per l’identificazione di una persona. Secondo gli esperti, anche il modo cui una persona espira l’aria dal corpo può consentire di distinguerla da un’altra persona, alla pari dei tratti del viso, delle impronte digitali o di altre differenze fisiche del corpo.
Da quanto appreso, infatti, l’aria lascia i polmoni in fase di espirazione attraverso una geometria delle vie aeree extra-toraciche che i ricercatori presumono sia leggermente diversa da persona a persona, provocando delle variazioni nella velocità con cui l’aria viene espulsa.
Lo studio è stato condotto analizzando l’aria espirata da 94 esseri umani. L’obiettivo era di dimostrare la possibilità di distinguere un essere umano da un altro grazie ad algoritmi capaci di analizzare le differenze nella velocità di espirazione dell’aria. Due i test condotti. Nel primo test la conferma dell’identità è avvenuta con la pronuncia della frase “Io sono [nome soggetto]” concludendosi con un tasso di successo pari al 97%. Il secondo test ha previsto il riconoscimento del soggetto senza nominarlo, con un tasso di successo del 50%.
La tecnologia è promettente ma non è pronta ancora
Lo studio ci presenta una tecnologia promettente ma non ancora pronta, come riferito dagli stessi ricercatori. Bisognerà ancora svilupparla e ottimizzarla conducendo ulteriori studi. E’ difficile prevedere se, ed eventualmente quando, potrebbe diventare disponibile sugli smartphone.
Secondo il Prof. Panchagnula, tuttavia, questa tecnologia potrebbe rivelarsi molto utile per evitare che sistemi di riconoscimento biometrico oggi diffusi – come quelli basati su volto e impronta digitale – possano funzionare anche dopo la morte di un individuo. Infatti, un individuo morto non respira. Un’impronta digitale, invece, resiste post-mortem e potrebbe essere replicata, così come la fisionomia del viso.
A proposito del riconoscimento facciale sugli smartphone, l’affidabilità di questa tecnologia in più occasioni è stata messa in dubbio. In alcuni casi sembra che sia possibile eludere la tecnologia anche solo usando una fotografia del soggetto. La stessa Apple quando ha lanciato il suo sistema di riconoscimento facciale FaceID su iPhone X ha riferito di una precisione non del tutto infallibile.
Per approfondire e avere maggiori informazioni vi rimandiamo al comunicato dell’Indian Institute of Technology Madras: www.iitm.ac.in/happenings/press-releases-and-coverages/forget-fingerprints-or-face-recognition-soon-your-breath